«Questa visita ha un’onda lunga», dice, con una felice espressione, don Marco Recalcati, cappellano del carcere di San Vittore, che, a distanza di alcuni giorni dalla sosta del Santo Padre nella Casa di reclusione e avvicinandoci alla Pasqua, esprime i sentimenti che il Papa che ha lasciato tra i detenuti: «Pur passando il tempo, rimane molto viva l’impressione: gli incontri che ha fatto, le parole che ha detto, i gesti, le migliaia di segni di attenzione che ha avuto verso tutta la popolazione detenuta e verso gli operatori, sono incancellabili. In questi giorni stiamo facendo le Confessioni in preparazione alla Pasqua e alcuni sacerdoti amici ci stanno aiutando: anche loro continuano a raccogliere una testimonianza ancora molto viva del passaggio del Papa».
C’è qualcosa che le ha confidato un recluso dopo la visita e che l’ha colpita particolarmente?
Sono tante le parole che molti di loro hanno voluto dire. Mi pare che si possano riassumere con questa espressione: «È stata un’esperienza di grande umanità». Il Papa ha affermato la dignità di queste persone, ognuno si è sentito accolto, amato. Questa è stata la filigrana che ha caratterizzato ogni incontro e ogni gesto che il Papa ha posto in carcere. Dare dignità in una situazione di sofferenza, a volte carica anche di sensi di colpa, è sicuramente una trasformazione straordinaria: si capisce, così, il perché di questa “onda lunga” che continua a dare benefici nel cuore.
Continuerete a riflettere sulla visita del Papa anche nelle prossime settimane?
Sì. Nel Triduo pasquale vorremmo ripercorrere le parole che ci ha rivolto. Per esempio, il Giovedì santo riprenderemo la sua frase «Mi sento a casa». Vivere il Cenacolo, Gesù che istituisce l’Eucaristia, con quanto il Papa ha detto, offre un contesto liturgico che ci permette di vivere l’esperienza di comunità, di Chiesa, di casa accogliente.
Il Papa ha anche sottolineato: «Vi chiederete perché sono qui. Sono qui perché in voi vedo il volto di Gesù sofferente». I reclusi lo hanno percepito?
Questa frase è stata pronunciata nella Rotonda e dà proprio il senso più profondo della volontà del Pontefice di incontrare il Signore Gesù nei detenuti. Questo da loro, è stato visto come un privilegio. Il Papa poteva andare in tanti luoghi, alla Scala, in qualche fabbrica, in spazi più istituzionali. Ha scelto, invece, di venire da noi: non lo dimenticheremo.