«Quando la Chiesa costruisce la pace, lo fa attraverso gesti di risolutezza assoluta». Lo dice il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas, parlando della presenza del cardinale Konrad Krajewski, inviato speciale del Santo Padre per l’assistenza umanitaria in Ucraina. «Per me personalmente è un aiuto molto grande. Per tutto il popolo ucraino è il segno della determinazione del Papa a dare una mano in tutti i modi possibili alla popolazione e alla pace».
«Ci vado io»
Il nunzio si spiega raccontando un aneddoto: “L’altro ieri sera ci è stato chiesto di dare una mano a evacuare una cinquantina di bambini da 1 mese a 5 anni, che si trovavano in un orfanatrofio a circa 30 chilometri a nord ovest da Kiev. Stavano lì da tre giorni, al freddo, senza luce. Non si riusciva a metterli al sicuro perché i corridoi umanitari non sempre garantiscono una piena sicurezza alle persone. È già successo tante volte che la gente viene bombardata e uccisa in queste evacuazioni. Ci siamo quindi attivati anche noi attraverso la Segretaria di Stato ai livelli più alti e alla fine ieri, nel primo pomeriggio, questi bambini sono stati evacuati. Abbiamo parlato di questa situazione con il cardinale Krajewsky e lui era molto contento che questi bambini fossero stati messi al sicuro e mi ha detto: “Se avrai in futuro una difficoltà e non si riesce a raggiungere sufficienti garanzie per evacuare le persone, di’ a tutti che ci vado io a prendere le persone. Sappiano però tutti che se bombardano, bombardano me, bombardano l’inviato del Papa, e dillo con certezza”. Questa determinazione mi dà in mano uno strumento morale forte, perché è segno di una risolutezza assoluta che traduce ciò che il Papa ha detto all’Angelus domenica scorsa e cioè che il papa farà tutto il possibile per la pace. E quando la Chiesa costruisce la pace, lo fa attraverso questi gesti. Questa determinazione morale, spirituale, diventa anche determinazione politica nel senso più nobile della parola, perché è la determinazione a combattere ciò che di male c’è nella guerra. Ha quindi delle conseguenze sulle cause stesse della guerra».
Pronti all’evacuazione
Il Nunzio racconta la situazione in queste ore a Kiev: «Di notte cerchiamo di dormire per recuperare le forze, ma le suore mi hanno detto di aver sentito colpi di artiglieria. Le forze sono ancora attorno a Kiev, a qualche chilometro di distanza e fanno fatica ad avanzare». In Nunziatura, però, si fanno prove tecniche di evacuazione: «In questi giorni abbiamo messo a punto diversi piani di azione a seconda delle circostanze e cioè cosa fare in caso di incendio, o di distruzione completa della nunziatura, o in caso di un attacco. Anche se non dovesse succedere nulla, è sempre meglio essere pronti».
Le attività comunque vanno avanti e sono intense. Si tratta soprattutto di coordinare le richieste e gli arrivi degli aiuti umanitari: «C’è una grandissima solidarietà tra tutti: organizzazioni, parrocchie, persone private, militari. Se c’è qualche bus o camioncino, si scarica in un posto e si prende ciò che serve. Si ridistribuisce. Ogni postazione diventa un hub. C’è quindi la nunziatura, la Caritas Spes, le parrocchie. C’è anche un gruppo di sacerdoti che stanno dando una mano alle suore della carità di Madre Teresa».
La preghiera ecumenica
Il Nunzio conferma che a Kiev gli aiuti umanitari riescono ancora ad arrivare, alcuni dall’Ucraina, altri dall’estero. La situazione è più difficile in altre città sotto attacco militare come Mariupol: «So per esempio di un sacerdote che sta sotto nel bunker da 4-5 giorni a Irpin, a 15 chilometri da Kiev». Si sofferma poi a parlare della preghiera ecumenica per la pace svoltasi a Leopoli, nella cattedrale della Chiesa cattolica latina (leggi qui). Con il cardinale Krajewsky, vi hanno partecipato rappresentanti delle diverse chiese in Ucraina, tra cui Filaret Kucherov, arcivescovo di Leopoli e Galych della Chiesa ortodossa ucraina, legata al Patriarcato di Mosca. «È un altro segno di unità – sottolinea il Nunzio –: tutte le confessioni rappresentate nel Consiglio panucraino delle Chiese si incontrano tra loro e con l’inviato del Papa. Tutte le chiese sono unite per pregare per la pace, per invocare la pace e chiedere alla Russia di fermare queste azioni perché la guerra non può essere mai e per nessun motivo legittimata».