Tra i premiati della terza edizione del Premio «Fuoco dentro. Donne e uomini che cambiano il mondo» (leggi qui) ci sono Carlo Alberto Caiani e la moglie Sara Pedroni, che con i loro tre figli da quasi vent’anni accolgono minori in affido presso la cascina dei Padri Somaschi a Vercurago, Lecco.
Quattro comunità educative e un pronto intervento per minori in condizione di fragilità, disagio sociale e maltrattamento e 38 posti residenziali. La storia di Carlo Alberto e Sara è quella di due giovani, sposatisi nel 1999, con una carriera ben avviata: lui laureato in Filosofia, ma impiegato nella sede di Parigi di una multinazionale francese: lei avvocato in una banca. Si vedono una volta al mese. Passano gli anni e ai due manca sempre meno per avere tutto. Il problema è semmai che quel tutto – soldi, casa, carriera – arriva troppo presto.
Così Sara, dopo le ore sempre più lente delle transazioni bancarie, scova nel tempo libero e vicino al luogo di lavoro una casa dove vengono accolte prostitute giovanissime, appena fuggite dal marciapiede e accolte dal somasco padre Ambrogio. In quella casa Sara trascorre sempre più tempo e una sera dice ad Ambrogio: «Un giorno vorrei uscire in strada con te a incontrare le ragazze che vivono lì». Durante un rientro a casa di Carlo Alberto, padre Ambrogio, tra spaghetti alle acciughe e un Averna, gli chiede cosa aspetta a uscire dal videogame del business per dargli una mano a gestire una serie di opere che non intende più coordinare personalmente. Il mandato magari è un po’ brutale, ma indubbiamente esplicito: «Il tuo lavoro sarà occuparti delle cose che a me non piacciono più».
Sara prende da parte il marito-manager e gli intima di non buttare all’aria quanto costruito in anni di studio e lavoro. Nella notte di Capodanno del 2000 Sara, che ha predicato bene, razzola male. Brinda al nuovo anno con le dimissioni dalla banca. Sarà la prima operatrice del Pronto Intervento di padre Ambrogio. Carlo Alberto festeggia allo stesso modo l’ultimo dell’anno successivo, lasciando la multinazionale e con lei la Rive gauche della Senna, le stock option e i meeting esotici aziendali, raccogliendo la provocazione di Ambrogio e divenendo coordinatore di alcune opere somasche di assistenza.
Il profumo di condivisione e accoglienza instillato dalla pratica quotidiana di accoglienza e dall’idea che la sostiene, conduce i due all’esperienza di residenzialità di una comunità familiare; li conduce «Alla Cascina». Nel frattempo nascono tre figli, Francesco (oggi 21enne), Maddalena (18 anni) ed Elia (nato nel 2008), parte fondamentale e non retribuita dell’équipe educativa, nonché «ammortizzatori sociali»: i tre fratelli fanno lo slalom tra le furie adolescenti delle ragazze e dei ragazzi che sono entrati in casa.
«Crediamo non vi siano particolari specificità che distinguono la nostra casa famiglia da altre realtà della stessa tipologia, fatte salve le differenze di temperamento e storia di ogni coppia- spiegano i coniugi -. Quanto i nostri figli facciano bene alla casa famiglia è stato da subito evidente. Quanto la comunità faccia bene a loro, questo lo diranno loro. E credo avremo tre risposte diverse, nella speranza che nessuna delle tre sfoci in denuncia verso i genitori…».