Il Medio Oriente, i cristiani, la loto testimonianza coraggiosa, spesso fino al martirio; i sentieri della pace sempre possibile, l’ecumenismo di popoli e famiglie che già lo vivono nella loro esperienza quotidiana. Sono stati tanti i temi toccati dal dialogo e dai contributi video proposti nell’incontro con il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, in dialogo con la giornalista Manuela Borraccino.
Previsto originariamente in presenza presso la Casa Armena, ma trasmesso solo in streaming, l’evento, promosso dal Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, si è inserito nel ricco calendario della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2022. Introdotto dal presidente del CCCM, Francesco Castelli, il confronto ha visto la presenza virtuale di molti partecipanti appartenenti a diverse Confessioni, a partire dal “padrone di casa” padre Tirayr Hacobyan della Chiesa apostolica armena che ha introdotto il video di un sacerdote nato in Siria, documentando come la Chiesa armena, nella sua storia, abbia assunto il ruolo di mantenere l’identità di quel popolo». Chiaro l’auspicio: «fare unione nella preghiera».
L’ecumenismo in Medio Oriente
Poi, le domande al Custode, da circa 6 anni in questo delicato ruolo, poste da Borraccino che ha richiamato il recentissimo incontro con il Papa per i 100 anni della rivista “Terra Santa” –
«In Terra Santa i cristiani sono uniti nelle Chiese divise, si può dire, esempio ne sono le famiglie che, per la maggior parte, sono ecumeniche al loro interno. Da una parte c’è serenità, ma anche sofferenza perché la Chiesa non è unita. Un altro ambito interessante – ha sottolineato Patton – è quello delle nostre scuole nelle quali, per quanto riguarda i cristiani, l’insegnamento della religione è di carattere ecumenico e vi è stato uno sforzo per elaborare testi in questa prospettiva, mettendo in luce ciò che è particolare di ciascuna Confessione, senza contrapposizioni»
Scuole dove si registra un 50% di cristiani e 50% di musulmani, che testimoniano anche dell’importanza dell’aspetto interreligioso, vissuto a livello di studenti, docenti e genitori «Un altro ambito di ecumenismo in atto è nelle zone di conflitto come la Siria dove vi è stato un vero martirio ecumenico, ma anche uno slancio a sostenersi insieme».
Subito dopo viene proiettato un video, appunto, della Siria, registrato nella comunità di Mar Musa, avviata dal padre gesuita Paolo dall’Oglio, rapito nel 2013 e di cui non si sa più niente. La testimonianza è portata da un monaco in una chiesa dell’XI secolo che riporta scritte in greco, arabo e siriaco, «cosa che noi consideriamo già un segno di ecumenismo. Nella nostra Liturgia – osserva – utilizziamo vari breviari, anche se seguiamo il Rito siriaco. I cristiani qui sono una piccola minoranza, ma molto significativa e questo ci incoraggia a essere sempre più uniti, non di fronte all’Islam ma per dialogare con l’Islam».
Il dialogo istituzionale tra le Chiese in Terra Santa
La domanda per il Custode è a che punto sia il dialogo istituzionale. «È molto buono», risponde. «In questi ultimi anni abbiamo cercato, soprattutto a Gerusalemme, di risolvere insieme, tra capi delle Chiese, i problemi. Ci ritroviamo presso il Patriarcato greco-ortodosso e ognuno fa le proprie osservazioni e, talvolta, si sottoscrive insieme un comunicato. A Natale e a Pasqua mandiamo un unico messaggio da Gerusalemme e per lo stesso Santo Sepolcro i problemi sono di programmazione dei tempi e degli spazi, “di condominio”, non di sostanza. Basti pensare che, quando noi francescani, nel 1551, siamo stati espulsi dal Cenacolo, ad ospitarci furono per anni gli armeni».
È la volta di padre Jacques Mourad, sempre della Comunità di Mar Musa, rapito dall’Isis nel 2015, riuscito a fuggire, che ora vive in Kurdistan e che parla della sofferenza di non poter celebrare insieme tra cristiani la Pasqua.
La presenza dei cristiani
La parola, sul conflitto israelo-palestinese che riguarda inevitabilmente anche l’esodo dei cristiani, torna a padre Patton che nota. «Si dice che il Medio Oriente viva uno spopolamento dei cristiani ed è vero, ma per me il segno più significativo è che i giovani che abbiamo mandato a studiare in Italia, più di 300, sono sempre rientrati. Vogliono restare qui. Certo, la comunità cristiana dell’Iraq è oggi meno 1/3 di quella presente nel 2000 e in Siria meno di 1/3 di 10 anni fa, ma si scappa non per problemi religiosi, ma economici, vitali, per la sopravvivenza. Il calo c’è, tuttavia occorre distinguere tra numeri assoluti e relativi; per esempio in Israele i cristiani sono arrivati a 160.000 unità, mentre all’inizio del ‘900 erano la metà, ma ora rappresentano il 2% della popolazione, prima il 20%. Tuttavia, bisogna anche dire che, nella penisola arabica, dopo una cancellazione lungo i secoli, ora i cristiani sono 3 milioni, in grande maggioranza immigrati per lavoro. Paradossalmente anche in Medio Oriente, forse proprio perché i cristiani sono una minoranza, si può vedere la Chiesa del futuro, come sarà in Europa. Ad esempio, l’israeliana Jaffa, per il dialogo e l’integrazione, è più avanti di tante città e diocesi italiane. Ci saranno ancora tempi duri, incomprensioni da affrontare, anche persecuzioni, ma credo che se i cristiani compiranno un cammino di approfondimento della fede, in futuro potranno essere ancora più significativi».
Infine, la pastora Battista Anna Maffei introduce un video dal Libano, «dove le Chiese stanno attraversando un periodo di trasformazione, annunciando il Vangelo e dimostrandolo nei fatti» con case di accoglienza, aiutando tutti coloro che sono in sofferenza per la crisi economica, i rifugiati, gli anziani, coloro che, dopo la tremenda esplosione del 4 agosto 2020, non hanno più nulla. «La nostra idea è rafforzare la presenza delle nostre Chiese attraverso opere di sostegno e di istruzione».
A conclusione, giungono anche alcune domande dai partecipanti collegati. «Come la Chiesa di Oriente può aiutare quella di Occidente?»
«Forse – scandisce il Custode – sono quelle di Oriente che dovrebbero essere aiutate a non perdere i propri Riti. Il contributo dei cristiani orientali nella testimonianza di fedeltà e amore a Cristo è straordinaria, pensiamo all’Iraq di fronte alla Jiad, alla Siria, all’Egitto. In occidente non troveremmo, credo, tanta fedeltà. Purtroppo la spiritualità dell’oriente cristiano è poco conosciuta e si dovrebbe fare uno sforzo per conoscerla meglio».