Il Concilio fu promosso da Papa Giovanni come una grande occasione di “aggiornamento”, non tanto per stabilire nuovi dogmi, quanto per elaborare un modo di esprimerli più vicino alla mentalità del nostro tempo. Questo intendeva quando precisò che l’intento del Concilio non era “dogmatico”, quanto “pastorale”. Mons. Luigi Bettazzi ci parla delle uniche due condanne formulate dai Padri Conciliari.
di Luigi Bettazzi
Vescovo emerito di Ivrea
Gli argomenti proposti al Concilio si rivolgevano soprattutto alle prospettive religiose e alle strutture interne alla Chiesa, anche se non mancavano sollecitazioni nei confronti di comportamenti morali, soprattutto sul piano individuale. Ciò che suscitò interessi più estesi e approfonditi fu l’enciclica Pacem in terris, pubblicata l’11 aprile 1963 da Papa Giovanni XXIII, che sarebbe poi morto il 3 giugno successivo. Ricordo, al mio entrare in Concilio nell’autunno 1963, lo sconcerto dei vescovi di fronte a un documento così importante, uscito a loro insaputa. Ma ritengo che di lì abbiano ricevuto una sollecitazione a raccogliere argomenti di carattere umano e a proporli – come faceva la Pacem in terris – partendo sì da radici di fede, ma sviluppandoli poi ed esprimendoli in termini “umani”, tali cioè da poter essere accolti e condivisi da tutti gli «uomini di buona volontà».
Lo stesso inizio della Gaudium et spes proponeva questa prospettiva: «Le gioie e le speranze, i lutti e le angosce degli uomini» lo sono anche per la Chiesa, che non si contrappone all’umanità, ma ne fa parte, riconoscendosi fermento per uno stile di vita aperto a Dio e ai fratelli.
La Gaudium et spes riprese il tema della pace. Su questo il dibattito fu particolarmente animato e scottante; era in corso la guerra del Vietnam e molti vescovi occidentali si univano ai confratelli americani per allontanare l’ipotesi di una condanna assoluta della guerra. Ricordo gli interventi per la condanna di ogni guerra fatta da due cardinali, Feltin, arcivescovo di Parigi, e Alfrink, arcivescovo di Utrecht. Ma ricordo anche l’intervento del cardinale Spellman, arcivescovo di New York e Ordinario militare delle truppe Usa, che chiedeva con fermezza che non si pugnalassero alle spalle i giovani che in Estremo Oriente stavano difendendo la civiltà cristiana!
Nel documento troviamo le uniche condanne del Concilio “pastorale”: la prima per la guerra “totale”, come allora veniva chiamata la guerra atomica. Era ancora vivo il ricordo delle due bombe su Hiroshima e Nagasaki, sganciate quando, pur avendo l’Imperatore giapponese già chiesto la resa, sembrava però necessario dimostrare alla Russia, in procinto di dichiarare guerra al Giappone, che chi piegava il Paese del Sol Levante erano gli Usa, ed era pur indispensabile sperimentare quelle bombe, come non si sarebbe potuto fare a guerra finita.
L’altra condanna fu riservata dalla Gaudium et spes alla corsa al riarmo allora dilagante nella concorrenza tra le due superpotenze. Essa in realtà assorbiva (e assorbe!) risorse in grado di venire incontro alla fame del mondo e alla scarsità di cure mediche, che costituiscono il motivo della morte di milioni di poveri nel mondo.