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Anniversario

Il Concilio di Nicea, evento che interroga ancora

Al convegno regionale del 6 novembre a Brescia la professoressa Cristina Simonelli porterà il punto di vista degli storici: «La professione di fede nella relazione del Figlio col Padre chiede di essere indagata ancora oggi»

di Emilia FLOCCHINI

5 Novembre 2024
Icona che raffigura Costantino fra i Padri del Concilio di Nicea

Al convegno regionale Nicea 325 2025 – Un Concilio da non dimenticare, che si terrà mercoledì 6 novembre al Centro Pastorale Paolo VI di Brescia, la professoressa Cristina Simonelli, docente alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e alla Facoltà teologica del Triveneto, terrà un intervento dal taglio storico, intitolato «Nicea: perché e come. Ragioni e sviluppo».

Un processo lungo quasi un secolo

«La mia prospettiva tiene in considerazione anche le ragioni del dibattito, non solo i dati scarni, quantitativi, cronologici – spiega -. A mio parere l’approccio storico porta un rallentamento che si dimostra utile perché, anche se poi troveremo delle chiavi sintetiche, in realtà gli storici che studiano i documenti, gli svolgimenti, i conflitti, le difficoltà, impediscono una troppo facile retorica del consenso».

Se da una parte recentemente sono state riprese in esame le fonti storiche a disposizione, «c’è una questione che è molto in sintonia con gli studi storici, ma è anche molto in sintonia con l’attualità ecclesiale: penso a Episcopalis Communio, che chiede di passare, rispetto al Sinodo, da evento puntuale a processo». Anche per Nicea è stato così, secondo Simonelli: «Molto del consenso che registriamo, in realtà, non è solo sull’evento puntuale del 325, ma è come minimo un processo che dura un secolo, quasi comunque fino almeno al 381, con i doppi Sinodi-Concili di Aquileia e Costantinopoli».

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Il rapporto col potere imperiale

Esiste però una difficoltà di fondo, ovvero il rapporto con gli imperatori, a partire da Costantino. Chiarisce Simonelli: «La pressione del potere imperiale inizia a essere una presenza, per qualcuno anche molto ingombrante, in una discussione su Dio come Trinità, su che cosa c’entri Gesù Cristo nella Trinità, ovvero su quanto di più intimo appartiene al mondo cristiano». Le incomprensioni non sono dovute solo a questa pressione imperiale: «Diversi dei soggetti che partecipano – si potrebbe dire Oriente e Occidente – si approcciano ai Sinodi con diverse aspettative e modalità d’intendere Cristo e la Chiesa».

In questo risiede un altro aspetto di attualità: «Visto che questo convegno è nell’ottica della ripresa ecumenica di Nicea, perché si parla del tratto ecumenico di Nicea nell’Instrumentum laboris del 2023 e addirittura nella bolla d’indizione del Giubileo, allora credo che lì sia molto importante capire – questo è l’apporto storico – anche i passi lenti, le difficoltà e come occorra tenere conto sempre del punto di vista dell’altro, per arrivare a formulare un consenso non dettato dall’alto, ma che conosce la prova del confronto. Questo credo che dal punto di vista pastorale ed ecumenico, come diranno meglio i colleghi, sia un magistero della Storia molto importante».

L’aggancio con la Proposta pastorale

Anche monsignor Delpini, nella Proposta pastorale 2024-2025, fa riferimento ai 1700 anni dal Concilio di Nicea. Simonelli prova così a rispondere agli interrogativi presenti appunto nella Proposta: «L’affermazione della verità della relazione del Figlio con il Padre non è una frase da prendere e tenere ferma: in realtà chiede di essere continuamente ripresa e interrogata. Uno degli aspetti che trovo straordinari in quella questione è proprio aver utilizzato il linguaggio greco in una maniera che consente di dire qualcosa su Dio come comunione, cioè relazione in sé e aperta verso di noi, traducendo le immagini (Padre/Figlio) senza abbandonarle. Ne va di noi, ne va del mondo: è cosa vicina, non lontana, non indifferente».

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