Ci stiamo accorgendo di come questo tempo stia spingendo le nostre comunità a sperimentare modalità inedite di annuncio del Vangelo. L’impulso è stato forzatamente fornito dalla situazione contingente che, impedendo lo svolgimento della pastorale ordinaria secondo formule consolidate da decenni, ha spronato sacerdoti, diaconi e laici a inventare qualcosa di “nuovo” per proseguire nell’annuncio di sempre.
La Formazione permanente del clero ha pertanto inserito, all’interno della proposta annuale, una scheda per invitare diaconi e sacerdoti a riflettere e a confrontarsi sulla pastorale digitale. In questa cornice mi è capitato di incontrare il clero di alcuni Decanati, dedicando l’incontro della fraternità del martedì mattino al confronto e alla riflessione sugli elementi positivi e sulle fatiche che queste novità ci consegnano. Per tutti è evidente che non si può pensare di sostituire totalmente la pastorale di presenza con le attività online, ma non mancano spunti per una proficua integrazione, che sono promettenti anche per un futuro che ci auguriamo contrassegnato dal ritorno a una normalità delle relazioni interpersonali e pastorali.
In molti si sono accorti che una proposta formativa fatta in piattaforma o in streaming porta a raggiungere un numero più ampio di persone, a volte molto superiore alle esperienze passate e maggiore della capienza delle sale parrocchiali di cui disponiamo. Altri hanno rilevato come sia stato possibile riallacciare legami con ex parrocchiani che, per ragioni di lavoro, studio o semplicemente perché hanno cambiato residenza, si erano allontanati. In qualche caso ci si è resi conto che è stato possibile vivere una prossimità con le famiglie e con le persone sole che non è facile vivere nemmeno in periodi più ordinari.
Non mancano certamente le fatiche, i limiti, le critiche e i problemi che queste attività suscitano. Tra questi, uno ritornato più volte è l’incomprensione di chi ritiene che la partecipazione alla Celebrazione eucaristica possa avvenire in maniera totalmente identica anche se in streaming. In qualche caso il fatto che la registrazione rimanga a disposizione sui canali social porta alcuni fedeli a scegliere volutamente di “vedere la Messa” nel momento più comodo della giornata. A tale riguardo si è osservato come sarebbe più opportuno che le celebrazioni fossero trasmesse unicamente in diretta, senza lasciarle in archivio, a meno di celebrazioni significative per la vita della comunità cristiana. Ricordiamo a questo proposito che l’Avvocatura ha fornito indicazioni sulla trasmissione delle Messe, sulle quali sarebbe opportuno che le comunità riflettessero. Se infatti un momento di catechesi o una proposta culturale e formativa può mantenere il suo senso anche in differita, la celebrazione della Messa è un momento singolare, la cui visione in un tempo successivo non consente di riproporne l’unicità.
Ultimo aspetto su cui ci si è soffermati, le prospettive future: cosa resterà della pastorale digitale? In molti indicano una modalità, che in termini anglosassoni viene chiamata blended, ovvero la modalità mista con alcuni in presenza e altri da remoto. Questa è una prospettiva interessante anche per il futuro, poiché sarebbe di aiuto in dovere occasioni. Si pensi alla possibilità data a parenti o amici lontani di partecipare alle esequie, ai giovani che per studio sono fuori sede o all’estero, che possono così continuare gli itinerari di catechesi iniziati nelle loro comunità di origine, o a chi per ragioni di salute non può in quel momento essere presente a un momento formativo. In tutti questi casi, anche in un futuro con la ripresa della vita ordinaria delle nostre comunità cristiane, la pastorale digitale potrà essere un ausilio prezioso per continuare in modo nuovo l’annuncio di sempre.