«Vi lascio tre parole per incoraggiare il vostro servizio, di cui vi ringraziamo io e coloro che ne trovano tanta consolazione. Di fronte all’impotenza, l’affidamento, di fronte all’irrilevanza, la testimonianza, di fronte alla delega, l’impegno a servire la comunione».
È una consegna a non scoraggiarsi mai e a vivere con consapevolezza e impegno la propria missione, quella che l’Arcivescovo ha indicato agli oltre 2000 Ministri straordinari della comunione eucaristica, provenienti da tutta la Diocesi, che si sono riuniti in Duomo per la celebrazione dell’Ora media e l’adorazione eucaristica da lui presiedute. Un momento liturgico aperto da un breve indirizzo di benvenuto di monsignor Fausto Gilardi, responsabile del Servizio per la Pastorale liturgica.
Sono 9000 circa, attualmente, i Ministri nella nostra Chiesa, con un incremento nei numeri che non si è mai arrestato dal 1981 e che dice tutta l’attenzione per questo ministero da parte della Diocesi, che ogni anno tramite la Pastorale liturgica promuove corsi di formazione e preparazione.
L’omelia dell’Arcivescovo
Dal brano del Vangelo di Marco al capitolo 6, con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, prende avvio l’omelia: «L’enorme folla degli affamati, l’incalcolabile bisogno di compagnia che abita in tante solitudini circonda Gesù e i discepoli si chiedono cosa possono fare»: così anche noi – suggerisce l’Arcivescovo – «di fronte alla desolazione e allo strazio di situazioni complicate e tragiche, cosa possiamo fare?». Eppure, «nella constatazione dell’impotenza, i credenti non si lasciano vincere dallo scoraggiamento e dalla rassegnazione. Ascoltano invece la parola di Gesù, offrono quel poco che hanno e la benedizione del Signore che spezza il pane rende possibile sfamare i cinquemila e raccogliere le ceste della sovrabbondanza».
Non scoraggiarsi
«Così i Ministri straordinari della comunione eucaristica vivono il loro ministero consapevoli di non poter risolvere tutti i problemi, e tuttavia continuando a essere disponibili, ad affidarsi, confidando che quello che offrono, di tempo, devozione e fedeltà, è benedetto da Dio e si moltiplicherà».
Poi, una seconda osservazione: «Forse anche voi incontrate spesso gente scontenta, provata dalla vita, in difficoltà per la salute, l’insufficienza di risorse, l’esasperazione della burocrazia per i tempi infiniti da attendere per una visita o una cura. Quello che abbiamo da offrire sembra davvero irrilevante». Anche perché, non si nasconde monsignor Delpini, «talora si percepisce anche nel nostro contesto una specie di irrilevanza del dono che portiamo, di disinteresse dell’ambiente che circonda i malati e gli anziani “chiusi in casa”. I familiari stessi non sentono tanto il bisogno di qualcuno che porti la comunione e, qualche volta, si ha l’impressione che neppure i malati chiedano e aspettino il dono della comunione eucaristica. Si constata che, mentre scompare una generazione, scompare anche un desiderio. I Ministri non vogliono fare prediche o proseliti: di fronte all’irrilevanza in una società cosi secolarizzata, dove le cose dello spirito contano così poco, voi siete una testimonianza».
Un servizio, non una delega o una forma di potere
Infine, la terza sottolineatura legata al concetto della delega: «La tentazione della delega continua a creare solitudini e protagonismi e vi è anche il rischio che un incarico sia strumento di potere, perché lo si crede cosa propria».
Al contrario, «il Ministro straordinario della comunione eucaristica non è un delegato, ma un tramite, un servo: porta alle persone isolate in casa il saluto della comunità, la grazia di essere in comunione con tutti, il mistero eucaristico che fa dei molti un cuore solo e un’anima sola. Il Ministro straordinario è a servizio della concretezza della comunione che permette di riconoscere Gesù presente nella sia Chiesa».
Poi, ancora preghiera e l’adorazione dell’eucaristia, posta sull’altare maggiore in un prezioso ostensorio ambrosiano del Duomo, la benedizione e il canto del Tantum ergo sacramentum, intonato coralmente dai fedeli in ginocchio.
Alla fine, c’è ancora spazio per un ringraziamento dell’Arcivescovo, a nome di tutti coloro che trovano nel servizio dei Ministri «un dono prezioso» e per la cospicua presenza in Duomo. «Uscendo da qui troverete un fiume di persone di ogni parte del mondo. Spesso mi chiedo cosa posso fare io per tutta questa gente e come raggiungerla con una parola che venga da Dio. Mi conforta la persuasione che una cosa solo posso fare: celebrare la Messa, pregare davanti al Santissimo sacramento, dare l’eucaristia. Vorrei che anche per voi fosse di conforto e incoraggiamento sapere che, se anche possiamo fare pochissimo, possiamo portare il Signore».
Il riferimento è a San Carlo Borromeo (che pare vegliare tra le navate con i famosi Quadroni che ne illustrano la vita e l’azione) che volle dare importanza fondamentale al tabernacolo della Cattedrale e che, nei terribili momenti della peste del 1576-’77, durante il suo episcopato, si assicurò che i Sacramenti potessero essere ricevuti da tutti, a volte a rischio anche del contagio che colpì sacerdoti ambrosiani e i frati cappuccini. «Davvero San Carlo può essere considerato il patrono di questa preoccupazione che tutti possano fare la comunione se lo desiderano. Ispiriamoci a san Carlo per sentire l’importanza del servizio che ci è stato affidato».