Al via, con la tradizionale festa di apertura del 24 settembre, il nuovo anno oratoriano. Titolo della proposta 2023-2024 è «Pieno di vita» (leggi qui).
«Abbiamo scelto questo titolo proprio per lanciare un messaggio molto forte in riferimento alla persona di Gesù – spiega don Stefano Guidi, responsabile del Servizio diocesano Oratorio e Ragazzi e direttore della Fom -. Vogliamo ridire, ai nostri ragazzi e agli adolescenti, che l’incontro con Gesù riempie la vita, proprio perché Gesù ha fatto della sua vita un dono che ci coinvolge: quando facciamo la scelta di donare qualcosa di noi o, addirittura, di donare noi stessi, scopriamo una felicità nuova, che è molto di più della soddisfazione momentanea dei nostri bisogni e dei nostri desideri. Questo è il “pieno di vita” del Vangelo che l’oratorio aiuta a sperimentare».
Un «pieno di vita» che può essere rivolto anche agli adulti, a chi educa negli oratori?
Assolutamente sì. Come ogni anno, il tema intende avvicinare i ragazzi alla Proposta pastorale (leggi qui, ndr). È una provocazione positiva quella che l’Arcivescovo rivolge quest’anno alle comunità cristiane, invitandole a riconoscere che c’è una vita ricevuta. Questo ci permette di superare, da una parte, l’attivismo a volte esagerato ed esasperato delle nostre comunità, e altre volte la depressione. Se manchiamo un appuntamento con Colui che ci riempie di vita, tutta la nostra generosità e il nostro impegno diventano inefficaci. Il nostro è un invito a chi fa parte della comunità educante perché siano persone che ritornano a fare il «pieno di vita» per poter, poi, portare qualcosa, con novità e semplicità, ai ragazzi.
L’Arcivescovo, nel suo messaggio (leggi qui, ndr), parla di una lampada che deve essere accesa, dovendo accenderne altre. L’oratorio può essere uno strumento a pieno titolo inserito nelle prime agenzie educative, accanto alla famiglia e alla scuola?
Direi proprio di sì. Questo è un tempo di grande impegno, che ci permette di considerare l’oratorio come un’esperienza buona che ha trovato nuove conferme. Il periodo del Covid ha provato l’oratorio, ma, in un certo senso, lo ha confermato nella capacità di offrire un luogo e un tempo in cui vivere l’esperienza di cui i giovani oggi hanno un particolare bisogno, cioè sentirsi a casa, sentirsi riconosciuti, potendo superare un isolamento che tanti adolescenti e ragazzi si trovano a vivere in questa stagione. L’oratorio è un luogo di senso, di significato.
Il beato Carlo Acutis è un riferimento. Pur essendo morto a soli 15 anni, può orientare l’anno oratoriano nella pienezza di vita?
La lampada di cui parla l’Arcivescovo fa pensare alla lampada che gli oratori hanno acceso accanto al corpo del Beato e per cui doneranno sempre l’olio. Lui è una luce inaspettata che si è accesa nella vita della nostra Diocesi, della Chiesa e dei nostri ragazzi. È una luce che gli oratori vogliono indicare, anzitutto perché Carlo era un ragazzo normale, con una spiritualità molto semplice e, nello stesso tempo, molto radicale, perché nel giro di pochissimo tempo ha fatto sintesi della sua vita così breve proprio attorno a Gesù. Questa scelta di affidamento che il Beato Carlo ha vissuto è quella luce che vogliamo donare ai nostri ragazzi.
Al di là della festa di apertura, c’è già qualche iniziativa significativa da sottolineare per l’anno oratoriano 2023-2024?
Vorrei sottolineare la Messa degli Oratori in Duomo, il 26 gennaio 2024, all’interno della Settimana dell’Educazione. L’Arcivescovo ci invita a celebrare la Messa con lui e con tutti gli oratori della diocesi, che vogliono così ricordare un anniversario importante della loro storia: nel 1924, di fronte allo sviluppo rapidissimo che gli oratori avevano registrato nella diocesi ambrosiana e non solo nella città di Milano, il cardinale Eugenio Tosi, allora Arcivescovo, rese diocesana la Federazione per gli oratori milanesi. Una celebrazione, quindi, alla riscoperta del dono di essere Chiesa insieme.