Domenica 14 giugno, presso il Centro Pastorale Ambrosiano di Seveso, si è tenuto l’incontro conclusivo del Gruppo Samuele, alla presenza dell’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, e del Vescovo ausiliare monsignor Pierantonio Tremolada. Questo incontro ha concluso un anno particolare della storia di questa proposta di discernimento vocazionale, la 25° edizione di un cammino che in questi anni ha coinvolto più di tremila giovani.
Il primo sentimento che mi sento di esprimere è un grazie per il nostro Arcivescovo, che ha sempre accompagnato il cammino del Gruppo Samuele. Fu così anche da parte dei suoi predecessori. Nel 1989 il cardinale Martini condusse personalmente tutti gli incontri del primo anno e negli anni successivi partecipò in vario modo nella conoscenza e nell’accoglienza delle scelte vocazionali maturate dai giovani. Il cardinale Tettamanzi seguì con altrettanta cura questa proposta vocazionale, ricevendo ogni anno le lettere di fruttificazione che i giovani gli consegnavano a conclusione del cammino. La consegna della lettera di fruttificazione al cardinale Scola, compiuta la scorsa domenica dai 63 “samuelini”, è segno di un affidamento della propria vocazione alla Chiesa locale nelle mani del proprio Vescovo.
Vorrei innanzitutto evidenziare tre elementi riscontrati nei giovani che abbiamo accompagnato durante l’anno, assieme ai membri dell’équipe del Gruppo Samuele: la docilità nel lasciarsi guidare dalla Parola del Signore, dai nostri interventi e dalla loro guida spirituale; la fedeltà e la presenza assidua a tutti gli incontri, segno di serietà nel vivere questa proposta; la crescita nella relazione col Signore (penso soprattutto alla preghiera personale che ha favorito in loro un’accresciuta coscienza che la vita stessa è vocazione).
Prima della consegna della lettera di fruttificazione durante la preghiera conclusiva del Vespero, abbiamo ripercorso questi 25 anni di storia attraverso le testimonianze di quattro persone che alla luce di questo cammino hanno maturato scelte vocazionali definitive (in allegato). L’intervento dell’Arcivescovo ha ripreso alcuni passaggi di queste testimonianze, rilanciando ai giovani presenti quattro riflessioni. Anzitutto ha evidenziato che la domanda vocazionale non può mai essere autoreferenziale («che cosa farò?»), ma nasce dal riconoscere la presenza del Signore che interpella la libertà di ciascuno («Signore, che cosa devo fare?»).
In un secondo passaggio ha ripreso l’espressione di una testimonianza che diceva: «Il Signore non toglie nulla, ma tutto dona, con la sconsiderata sproporzione del centuplo», per segnalare che questa esperienza dell’abbondanza dei doni di Dio possiamo sperimentarla già ora, quando ci rendiamo a Lui disponibili. In particolare lo sperimentiamo, ha aggiunto l’Arcivescovo, nell’appartenenza e nella scelta del «per sempre». La consegna della lettera di fruttificazione esprime questo consegnarsi alla Chiesa, «una casa bella a cui appartenere» e luogo dove vivere quell’amore di Gesù che ha la forma del «per sempre».
Come ultimo spunto l’Arcivescovo ha declinato il passaggio di una testimonianza: «In una certa misura si è quello che almeno in parte si è scelto di essere». E l’ha rilanciato così ai giovani: «Affinché la vita sia riconosciuta come vocazione, è necessaria un’apertura a tutta la realtà per cogliere dentro di essa i segni della chiamata del Signore».
Dopo queste risonanze sulle testimonianze ascoltate, l’Arcivescovo ha rivolto un appello conclusivo ai giovani, raccogliendolo dal canto iniziale che diceva: «Misero le barche in mare, vita dalle mani di Dio» e dicendo ai giovani: «ora per voi è il tempo del coraggio di mettere la barca in mare e partire per il vostro viaggio».