«Voi non siete il futuro, ma il presente». In questa frase urlata, ripetuta più volte, scandita a tempo di rap dal grande palco allestito a bordo oceano, presso l’antico porto ristrutturato Passeio Marítimo de Algés-Oeiras, c’è tutto l’entusiasmo e l’emozione di ritrovarsi insieme tra italiani, tra gli immancabili nostri cori da stadio, le bandiere, i simboli delle proprie città, con i dialetti che si intrecciano e che, per una volta, non generano scontri o violenza, ma amicizia e abbracci.
I ragazzi che, a migliaia, scendono dai treni, dai pullman, da improbabili mezzi di fortuna, vengono accolti dalle canzoni nazionali: e, così, Volare si intreccia a Sono un italiano vero e a Notte prima degli esami, Toto Cotugno si alterna con Antonello Venditti e con tanti idoli nazional popolari di ieri e di oggi, fino a che l’inno nazionale (quello vero) fa ballare come in una discoteca.
La Festa
«Protagonisti, la festa dei giovani italiani a Lisbona» è tutto questo: una sorta di rivendicazione orgogliosa e pacifica della nostra identità, sottolineata in apertura della serata dalle parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a una delegazione di giovani ricevuti al Quirinale con il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, lo scorso 10 giugno, quando il Capo dello Stato firmò anche la bandiera italiana portata dai ragazzi a Lisbona.
L’evento, organizzato da Tv2000, l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana, in collaborazione con la Pastorale giovanile nazionale, ha certamente superato ogni aspettativa, riunendo i giovani italiani pellegrini in una serata di arte, musica e preghiera, arricchita da riflessioni sulle tematiche vicine al loro mondo: fallimento, corruzione, fiducia nelle istituzioni, impegno contro le mafie, relazioni tossiche, indifferenza, guerre, sogni, famiglia.
Da attrici notissime come Giusy Buscemi alla pallavolista Cristina Chirichella, per arrivare allo scrittore e insegnante Enrico Galiano – è lui a dire: «Chi evita l’errore evita la vita» -, sono tante le testimonianze che toccano un momento altissimo quando a risuonare è la voce anziana, ma che non si arrende mai, di don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di “Libera”.
L’intervento di don Ciotti
«Il futuro inizia nel presente e dal presente – esordisce-. Ricordate che la partita della vita si gioca qui e ora e dobbiamo giocarla insieme. Siamo carichi di responsabilità perché nessuno può contentarsi di conservare l’esistente. Non temete di essere fragili, perché la fragilità è la condizione naturale umana, e questo ci rende più forti se lo riconosciamo. La fede non esclude il lamento e persino la contestazione di fronte a Dio. Anche il dubbio conduce a Dio. Non dobbiamo temere di avere dubbi: questo è uno sprone da vivere al di là dell’oscurità che avvolge il tempo e la storia».
Quando viene ricordato il nome di don Tonino Bello, che invitava ad andare in fretta, appunto nella storia e nella vita, scatta spontaneamente un applauso. «C’è bisogno di voi – prosegue don Ciotti -, bisogno di portatori di una nuova linfa umana, per non darla vinta al male, per essere insieme interpreti e testimoni credibili. Due riferimenti ci accompagnano, anzitutto il Vangelo, e poi la nostra Costituzione, la testimonianza cristiana e la responsabilità civile. Fate che non diventino dei soprammobili. Abbiamo bisogno di una politica intesa come servizio, perché non vinca la legge della forza, ma la forza della legge, è necessaria una politica capace di riappropriarsi del sentiero della speranza. Dio è negli ultimi, quelli che muoiono nel Mediterraneo: edifichiamo una società con meno “io” e tanti “noi”, trasformando la vita in preghiera e la preghiera in vita», conclude il presidente di “Libera” tra gli applausi anche del nutrito numero dei Vescovi presenti, tra cui monsignor Delpini e gli altri due vescovi ausiliari ambrosiani – Rimoldi e Vegezzi -, che partecipano alla serata.
Tra rap, testimonianze e preghiera
Ancora si balla e si canta con il rapper Lda e i Fiat 131, reduci trionfanti dal Festival di Sanremo. Carlo Amleto diverte con il suo esilarante Tg0 (riesce perfino a far ballare qualche Vescovo) e commuove, invitando a «tirare fuori il bambino che c’è in tutti noi». Un clima di dolore si stempera nella dolcezza della sera con il racconto dell’operatore umanitario Gennaro Giudetti, da 12 anni impegnato nella difesa dei diritti umani in zone di conflitto. «Da che parte vogliamo stare, dalla parte dell’indifferenza o dell’empatia?», chiede ai giovani, quasi a collegare idealmente la prima parte dell’happening con la seconda, dedicata alla preghiera.
La preghiera
Monsignor Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile della Cei, citando Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, spiega: «Noi siamo in viaggio in questi giorni alla ricerca dello sguardo che vede i nostri dolori e i nostri sogni. Il Signore ci vede così: abbiate il coraggio di guardare in alto per cercare lo sguardo dell’eterno che ci custodisce fin dalla creazione. Se alzate gli occhi al cielo vedrete che le lacrime di gioia o di dolore che scendono, saranno come stelle».
Infine, ormai scende la notte su un panorama mozzafiato, salgono sul palco il neo cardinale Manuel José Macário do Nascimento Clemente, patriarca di Lisbona, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della stessa Cei.
Le parole della Lettera paolina a Timoteo, con il riferimento all’allenamento del cuore, avviano l’intervento del cardinale Zuppi. «Alleniamo il nostro cuore imparando a pregare Gesù e così ameremo che noi. Chi si allena ad amare Gesù impara ad amare se stesso, perché impara ad amare gli altri. Chi combatte la buona battaglia – oggi, invece, ci sono tante battaglie combattute solo per se stessi, dicendo che gli altri non ci interessano – vive così. Noi tutti, in questi giorni, ci stiamo allenando ad imparare ad amare Gesù per essere protagonisti, con un protagonismo che non ingrossa la squadra degli individualisti, ma ci fa imparare a non perdere la nostra vita solo dietro noi stessi. Vogliamo crescere: per questo abbiamo fretta di incontrare gli altri. Gesù ha fiducia in noi e sa che possiamo cambiare il mondo, combattendo la buona battaglia contro la guerra, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più terribili che si stanno combattendo in Ucraina».
E prima della preghiera corale e della benedizione finale, il dono di una copia della Croce di San Damiano e di una statua della Madonna di Loreto offerte alla Chiesa del Portogallo, sono il suggello più bello di una serata indimenticabile.