In gennaio si è tenuta a Napoli la seconda Conferenza nazionale sulla sicurezza sul lavoro, nel corso della quale sono state presentate le “Linee guida per il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”. Uno strumento importante per riordinare i diversi strumenti normativi attualmente esistenti sul versante della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
di Pier Paolo Baretta
Segretario generale aggiunto della Cisl
Le morti bianche sono un fenomeno che segna lo stato di arretratezza di un Paese e che evidenzia la sua capacità di dare una risposta efficace ai problemi del lavoro, mettendo al centro il valore della dignità umana. Nei primi cinque mesi del 2006 il dato italiano sulle morti bianche è risultato sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente: 469, secondo i dati elaborati dall’Anmil, l’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro, su fonte dell’Inail. Ma se a questo dato aggiungiamo il numero degli incidenti sul lavoro, registriamo un’allarmante tendenza, che assume contorni particolarmente critici nei settori dell’edilizia, delle attività manifatturiere e nel comparto agricolo. I dati sono lo specchio di una società. Ma la loro lettura deve consentire una riflessione appropriata dei problemi, facendo emergere le proposte per una possibile soluzione.
La strutturalità del fenomeno delle morti bianche può essere combattuta su vari fronti. In gennaio si è tenuta a Napoli la seconda Conferenza nazionale sulla sicurezza sul lavoro, nel corso della quale sono state presentate le “Linee guida per il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”. Si tratta sicuramente di uno strumento importante per organizzare e riordinare i diversi strumenti normativi attualmente esistenti sul versante della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, implementandoli con nuovi interventi.
Di fronte all’evoluzione della normativa in materia di salute e sicurezza, e alle innovazioni dei dispositivi e degli strumenti introdotti dalle nuove tecnologie, il mantenimento di elevati livelli di mortalità e di incidentalità, al tempo stesso, ci deve preoccupare e interessare. Preoccupare, perché i dati suggeriscono di considerare il carattere di straordinaria strutturalità del fenomeno, a fronte del quale le politiche di questi ultimi anni sono risultate inefficaci. Interessare, perché l’attenzione sul tema resta alta, come dimostra non solo la Conferenza nazionale, ma anche l’iniziativa pubblica di Cisl, Cgil e Uil del luglio scorso, che ha individuato nel lavoro sommerso e irregolare alcuni dei fattori determinanti degli infortuni sul lavoro.
Non c’è dubbio che la legge resta lo strumento principale per intervenire su fenomeni di questo tipo, sia nella direzione della prevenzione e della tutela sul posto di lavoro, sia sul versante della legislazione promozionale o di sostegno, incentivando i comportamenti virtuosi delle imprese più sensibili al tema. A fronte dei grandi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi, anche la contrattazione collettiva e i suoi attori, fra cui il sindacato, sono chiamati a svolgere un ruolo più efficace nel contrasto dei fenomeni di illegalità e nelle politiche di conciliazione fra la flessibilità del lavoro, imposta dai processi di globalizzazione e internazionalizzazione produttiva e commerciale, e le ragioni della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro. Soprattutto vanno rafforzate le procedure di controllo e allerta sui luoghi di lavoro, il che richiede un coinvolgimento importante anche del sindacato in azienda.
Da questo punto di vista, anche la Conferenza ha posto l’accento sull’importanza di valorizzare l’apporto delle parti sociali e della bilateralità sul versante della prevenzione e della tutela della sicurezza sul lavoro. La Finanziaria 2007 ha fatto passi avanti, valorizzando il ruolo delle parti sociali nelle politiche di emersione e rafforzando l’utilizzo del Documento Unico di Regolarità Contributiva anche ai fini della concessione dei benefici contributivi e fiscali.
Un percorso virtuoso, quindi, anche se resta molto lavoro da fare, e da completare anche sul versante delle politiche attive del lavoro. Infatti, anche attraverso la lotta alla precarietà, la buona occupazione, la formazione e la qualificazione professionale, è possibile contrastare più efficacemente il fenomeno degli incidenti sul lavoro e, di conseguenza, quello delle morti bianche.
Infine, resta da sottolineare come questo fenomeno, che pure si caratterizza per una diffusione geografica “a macchia di leopardo”, si concentra in particolare in territori in cui il rischio di fughe dalla legalità è più elevato. Da questo punto di vista é fondamentale accompagnare politiche di prevenzione e tutela con strumenti di repressione e contrasto, che consentano di generare un clima di sicurezza sociale e di radicare il rispetto della legge nelle diverse comunità imprenditoriali e sociali.
Alla Conferenza nazionale va dato sicuramente atto di aver rilanciato il problema, individuando i possibili interventi da inserire all’interno di una politica organica, di cui si sente sempre più l’urgenza. La Conferenza é stata giustamente dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro: ma il miglior modo per commemorare i morti resta quello di pensare ai vivi. Evitando che, nel futuro, tragedie simili tornino a ripetersi.