«Giornate indimenticabili», anche se sono trascorsi quarant’anni. Era infatti maggio, ma del 1983, quando a Milano si svolse il XX Congresso eucaristico nazionale che, dal 20 al 22 maggio, vide la presenza in Diocesi di papa Giovanni Paolo II. E indimenticabili quei giorni – come li definisce monsignor Erminio De Scalzi, Vescovo e vicario episcopale, allora segretario dell’arcivescovo Carlo Maria Martini – furono davvero: basta scorrere qualche immagine di allora o le quasi 700 pagine degli Atti del Congresso, pubblicati nel 1985 a cura di monsignor Ernesto Basadonna, instancabile animatore dell’evento come responsabile del Vicariato creato appositamente per il Congresso.
Celebrazioni ed eventi
Un evento ecclesiale ovviamente ricco di celebrazioni, come le quotidiane Messe in piazza Duomo presiedute dai diversi Cardinali partecipanti, di assemblee congressuali tenutesi nel Palasport, di eventi, di relazioni dotte, ma anche di incontri a tutti i livelli: dai giovani alle associazioni, dalle parrocchie ai conventi, dalle proposte culturali ai dibattiti sociali e politici, fino alle visite del Papa per esempio ai lavoratori di Sesto San Giovanni. E tutto vissuto tenendo fissi cinque elementi pastorali specifici: la catechesi, la preghiera, la testimonianza, l’unità e l’annuncio missionario di fronte «a un’ignoranza dilagante sui misteri della fede cristiana».
D’altra parte, il XX Cen concludeva, emblematicamente proprio nella grande metropoli, l’Anno Eucaristico, tentando e riuscendo a testimoniare l’interesse della Chiesa per l’uomo e la sua dignità, con un cammino che venne definito «sinodale». Il risultato fu «una profonda esperienza di fede», per usare le parole, non previste, pronunciate dal Papa al termine della celebrazione conclusiva nell’immenso spazio all’aperto della parrocchia Regina Pacis, al Gallaratese, sotto una pioggia scrosciante.
«Il tema del Congresso fu “L’Eucaristia al centro della comunità cristiana e della sua missione” – sottolinea monsignor De Scalzi -, perché, sul modello della Chiesa degli apostoli, la Chiesa ambrosiana e quella italiana si impegnavano a mettere l’Eucaristia al centro della loro vita e della loro missione e a comprendere il rapporto tra Eucaristia e vita, e in particolare, “vita di carità”».
Quale “clima” si respirava durante il Congresso?
Fu di un coinvolgimento totale. Il mio pensiero torna soprattutto a papa Giovanni Paolo II che venne a Milano – sono sue parole – «per mettersi in ginocchio davanti all’Eucaristia insieme con noi». E così fu. Apparve subito quel suo tratto di trascinatore che sarebbe poi emerso sempre nei lunghi anni del suo Pontificato. Basti pensare all’incontro all’Autodromo di Monza con centinaia di migliaia di giovani, ai quali disse: «Nella forza della vostra fede giovanile voi sostenete la speranza di un mondo rinnovato in Cristo».
La sera del 20 maggio piazza Duomo divenne «un’immensa casa di preghiera» per l’adorazione eucaristica presieduta dal Papa…
Fu l’immagine concreta di quanto si andava definendo nel Congresso. Nel suo Pontificato Wojtyła ci ha insegnato innanzitutto la passione per Cristo, per la Chiesa e per l’uomo. Non tre realtà separate, ma tre anelli intrecciati in cui si aprono orizzonti e destini: Cristo è la roccia su cui si fonda la Chiesa; la Chiesa, comunità dell’Eucaristia, vive dell’intimità con Cristo; l’uomo, considerato nell’integralità e nella pienezza del suo essere individuale e sociale, nella sua unicità è la prima e fondamentale via della Chiesa. Credo che questi aspetti si videro bene nei diversi momenti della sua permanenza in Diocesi nel 1983.
Nella Messa conclusiva il cardinale Martini, nel suo saluto, ebbe parole bellissime che paiono dette oggi…
Sì, e voglio citarle. «Occorre allargare l’orizzonte dalla metropoli del progresso e della crisi, fino alla cosmopoli della pace e della solidarietà verso un’alleanza di tutte le donne e gli uomini che cercano la pace. Un orizzonte di carità da chi ha verso chi non ha, da chi non sa essere se stesso alla libertà di essere pienamente se stesso nella luce dell’Eucaristia. Quell’orizzonte di carità e di dono che ci ha insegnato Madre Teresa di Calcutta qui presente con noi».
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