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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Celebrazione

Delpini: «Curare le relazioni con gratitudine, umiltà, servizio»

L’Arcivescovo ha presieduto la Messa nella parrocchia di Santa Maria di Lourdes in occasione della XXXII Giornata Mondiale del Malato

di Annamaria BRACCINI

11 Febbraio 2024

Una celebrazione, come ogni anno, attesa, partecipata da tanta gente, tra cui i malati, le persone anziane, tutti coloro che, nella ricorrenza dell’apparizione della Madonna a Lourdes (la 166esima), dedicata alla  Giornata Mondiale del Malato (la XXXII), accendono i ceri, pregano, sostano con il rosario tra le mani, presso la grotta contigua alla chiesa milanese dedicata proprio alla Madonna di Lourdes, copia perfetta di quella di Massabielle. Parrocchia dove, per presiedere una delle numerose Messe dell’11 febbraio, come tradizione, arriva l’Arcivescovo. «La sua preghiera asciugherà ogni lacrima», dice, nel saluto di benvenuto, il parroco, don Maurizio Cuccolo che accoglie il vescovo Mario con altri sacerdoti e la diaconia in un fine di mattinata grigio, ma pieno della luce che viene dalla fede tenace che si tocca con mano in chi si affida con fiducia al Signore nelle situazioni più difficili dell’età e della malattia, ma anche nelle complessità della semplice vita quotidiana. 

Rendere abitabile la terra

«Ci sono, infatti, molte preoccupazioni, molte paure, molte domande che non trovano risposta», nota il vescovo Mario nella sua omelia, chiedendosi come si faccia «a rendere abitabile la terra». «Alcuni forse pensano che non sia più abitabile e altri che, per renderla abitabile, si debbano eliminare tutti quelli che la rovinano, i cattivi, i poveri, gli stranieri».

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Ma la parabola di Gesù, narrata nel Vangelo di Luca al capitolo 18 appena proclamato, «mette in ridicolo il fariseo e la sua intima presunzione di essere giusto, di essere migliore degli altri, e suggerisce che la via giusta per rendere desiderabile la vita è quella del pubblicano, che prega e invoca pietà», spiega monsignor Delpini.

Chiaro il suggerimento: il peccatore perdonato è anche oggi la  strada per essere cristiani credibili, perché «egli è umile, sa di non meritare niente, non presume di essere migliore degli altri, non pretende di avere più diritti degli altri, perciò non guarda nessuno con disprezzo, non giudica. Sa di non bastare a se stesso e di avere bisogno di Dio e degli altri. Contribuisce a rendere abitabile la terra perché sa apprezzare tutti e sa dire grazie, sa commuoversi per i bisogni degli altri, perché nel malato riconosce se stesso, nel povero sa riconoscere se stesso, un pover’uomo».

La responsabilità di curare

E, ancora, un peccatore perdonato dice sempre il suo grazie, perché «tutto è grazia», fa del bene, si mette a servizio «non per dimostrare di essere bravo, non per una specie di condiscendenza e compassione dei poveri, dei malati, ma perché si sente fratello, sorella chiamato a servire. Gli riescono bene le cose semplici: stringere la mano di chi è solo in ospedale, sorridere a quelli che incontra, camminare adagio per accompagnare chi cammina adagio, dare un bicchiere d’acqua a chi deve prendere una medicina».

Il pensiero del vescovo Mario torna, infine, al Messaggio di Papa Francesco per la XXXII Giornata del Malato dal titolo “Non è bene che l’uomo sia solo”. Curare il malato curando le relazioni. «Siamo tutti un poco malati, la terra è malata e tutti abbiamo bisogno di essere curati e abbiamo la responsabilità di curare».