Percorrere, imparando da Maria, le vie della preghiera, della compassione e della gioia. L’11 febbraio, giorno in cui ricorre il 165° anniversario dell’apparizione della Madonna a santa Bernadette Soubirous presso la grotta di Massabielle, e si celebra la XXXI Giornata mondiale del Malato, l’Arcivescovo ricorda il significato cristiano di queste tre vie indicate a tutti. Nella Basilica dedicata appunto a Santa Maria di Lourdes – gremita di fedeli, malati e volontari -, l’Arcivescovo presiede la Messa della mattina, concelebrata da altri sacerdoti, tra cui il parroco don Maurizio Cuccolo. Celebrazione trasmessa anche in streaming e diffusa all’esterno della chiesa, dove moltissimi devoti si affollano presso la ricostruzione esatta della grotta.
«La comunità è lieta di averla tra noi e con noi in questa giornata – spiega don Cuccolo nel suo saluto -. Seguendo la sua Proposta pastorale, dedicata quest’anno alla preghiera, abbiamo voluto chiedere a Maria di insegnarci a pregare, andando in Avvento tra le famiglie che hanno perso un loro caro e, in questo ultimo periodo, recitando il Magnificat insieme alle comunità cristiane del nostro territorio. Ci siamo “alzati e siamo andati in fretta”».
La parola sbagliata
Dal «non valgo niente che dice il malato, il disabile, il ricoverato, il medico, l’infermiere, il personale ausiliario», si avvia l’omelia dell’Arcivescovo, che richiama il Messaggio del Papa per la Giornata del Malato (leggi qui).
«Io non valgo niente» lo dice anche il volontario: «Il mio servizio, pur con tutti i complimenti e i ringraziamenti che ricevo, non è attraente e, forse, non è neppure capito. Non c’è nessuno che si fa avanti per prendere il mio posto e comprendere le ragioni profonde del mio volontariato». Eppure, riflette l’Arcivescovo, «in questa valutazione un poco desolata viene annunciata la benedizione del Signore», quel Magnificat appena proclamato nel primo capitolo del Vangelo di Luca.
La benedizione di Dio
«La benedizione di Dio illumina i valori che contano, insegna la sapienza, corregge le divagazioni pericolose della fantasia che si immagina e desidera una vita spensierata e divertente, una vita delle apparenze e delle illusioni, delle favole dove tutti sono sempre giovani, belli, ricchi e allegri». Al contrario, la bellezza della vita «è il bene che si fa, il bene che si riceve», e la parola “io non valgo niente” è sbagliata». Infatti, «come scrive Paolo nella Lettera agli Efesini, nella carità siamo adottati come figli e abbiamo buone ragioni per avere stima di noi stessi, non per quello che sappiamo fare, non per i titoli di cui possiamo vantarci, ma perché siamo stimati dal Padre del Signore nostro Gesù Cristo», scandisce ancora l’Arcivescovo.
«Siamo qui, oggi, per pregare Maria che ha espresso questa straordinaria attenzione ai malati nella devozione che ha chiesto alla grotta di Lourdes. Siamo qui per contemplare Maria, questa umile serva, che si è resa conto del suo valore perché ha ricevuto l’annuncio dell’angelo». Da qui la grandezza dell’umano e la nostra dignità: «Essere amati e, quindi, resi capaci di amare. Questo è ciò che rende la vita piena di significato e di responsabilità».
«Siamo qui non per celebrare la memoria di un evento passato, ma per condividere con Maria l’altezza della nostra vocazione, per chiederle di insegnarci le vie della gioia che hanno una ragione più profonda del benessere, del non avere fastidì e dolore, Queste vie ci introducono alla contemplazione dell’amore che Dio ha per tuti noi, in particolare per chi ne ha più bisogno e soffre nel cuore e nello spirito. Le vie della gioia, che passa dalla croce, perché Lui ha guardato alla nostra povertà e sofferenza, ricordandoci la vocazione».
Le vie della compassione e della preghiera
E, poi, l’insegnamento delle vie della compassione, «quelle percorse dal Samaritano (la parabola citata nel Messaggio del Papa, ndr) che ha, appunto, compassione di un povero abbandonato e malmenato. Le strade che richiedono una libertà dall’amor proprio, del vantarsi dei meriti, dalla tentazione di ripiegarsi su di sé, continuando a guardare alla propria vita e a piangere sui propri mali».
Insomma, le vie «che si accorgono degli altri e del loro bisogno di essere amati, quelle che passano dal provare un’emozione al tendere la mano, a essere vicini, a dare un aiuto».
Infine, l’invocazione è «chiedere a Maria le vie della preghiera, per cui non presumiamo di risolvere tutti i problemi sperimentando, nella nostra impotenza, la potenza di Dio, a Lui presentando il volto delle persone che amiamo e delle sofferenze che incontriamo. Siamo qui in questo giorno non per pensare soltanto a noi stessi, ma per lasciarci condurre dallo spirito che ci rivela la nostra vocazione sulle vie della preghiera, della compassione e della gioia».
Alla fine della Messa – nella quale quasi tutti i fedeli ricevono l’Eucaristia – il ringraziamento espresso dall’Arcivescovo con «gratitudine e ammirazione», va ai presenti, soprattutto per coloro che hanno un particolare bisogno, ai volontari e ai sacerdoti, tutti benedetti con la benedizione che si estende «all’intera città e ai suoi abitanti».
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