Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/garzonio-e-da-cristiani-riflettere-sul-domani-che-stiamo-costruendo-2576788.html
Speciale

Il Discorso alla Città 2023

Sirio 01 - 10 novembre 2024
Share

Intervista

Garzonio: «È da cristiani riflettere sul domani che stiamo costruendo»

Il giornalista e presidente emerito dell’Ambrosianeum sul Discorso alla Città: «Il coraggio manca nella politica, nella cultura, nella comunicazione e anche nella Chiesa. Siamo a un bivio: vogliamo seminare speranza o paura? La fiducia è viva là dove c’è quella passione che l’Arcivescovo raccomanda»

di Annamaria BRACCINI

16 Dicembre 2023
L'Arcivescovo pronuncia il Discorso alla Città

«Sì, il coraggio uno se lo può anche dare, ma il fatto è che manca soprattutto nella cultura e nella politica. Sono lì i gangli da esaminare». Marco Garzonio, psicoterapeuta, giornalista di lungo corso, presidente emerito della Fondazione culturale Ambrosianeum, parte da questo dato che definisce «cruciale», riflettendo sul Discorso alla Città 2023 dell’Arcivescovo. «E diciamo – prosegue – che il coraggio manca anche nella Chiesa, nelle religioni. Basti vedere cosa sta succedendo in Terra Santa. Salvo i reiterati interventi del Papa per la pace, quello nella terra del Signore sembra quasi un conflitto confinato in un angolo del mondo qualunque, ma così non è».

L’Arcivescovo parla anche di paura strisciante nella nostra società…
Certo. La paura è alimentata di continuo: per esempio, quando ci si riferisce all’economia può sembrare che si facciano discorsi astratti, ma nel momento in cui si parla di tagli concreti, di pensioni per cui mancano i soldi, di sanità che non funziona, di asili nido tagliati fuori dal Pnrr, la paura si tocca con mano. I giovani si chiedono come e perché mettere al mondo figli se non ci sono strumenti di sostegno per le famiglie, e, così, si tirano le conseguenze.

Infatti, l’Arcivescovo lega alcuni aspetti del clima in cui viviamo, al tema della denatalità…
La denatalità è una catena: tutti, a diverso titolo, ci siamo dentro. Però a questo punto, siamo a un bivio avendo la possibilità di seminare o speranza o paura. Non a caso, monsignor Delpini parla di «seminatori di paure»: dobbiamo dare dei nomi a questi seminatori, anche perché loro non si peritano di camuffarsi, anzi, spargono esplicitamente timori. Pensiamo all’Europa: come possiamo costruirla falsità, tipo «a Bruxelles siedono degli abusivi». Questo semina sfiducia nelle istituzioni e perché, allora, la gente dovrebbe andare a votare?

Marco Garzonio

Nel Discorso si fa riferimento esplicito a una comunicazione che pare solo urlare e offrire cattive notizie. Esistono antidoti a questi veleni? I giornalisti cosa possono fare?
Una soluzione potrebbe essere la pratica di un serio giornalismo d’inchiesta, ma ormai i giornali non lo mettono più in campo, perché sono sempre più costretti a correre dietro ai social, a smarcarsi, a proporre ogni giorno qualcosa di diverso e nuovo. La televisione, invece, qualcosa di più ha fatto e fa, ma tornando al pensiero iniziale, anche in questo contesto manca il coraggio e i media spesso comunicano ciò che viene detto loro di comunicare. Non si va alle fonti, non si controlla la notizia, non si esercita uno spirito critico. I discorsi sulla deontologia professionale nel nostro settore sono assolutamente da riprendere, incentivando la curiosità, la documentazione, la professionalità. 

C’è un modo per incrementare la fiducia, considerando che l’Arcivescovo indica la necessità e anche i benefici che vengono dal fidarsi gli uni degli altri?
C’è il gesto minimo, per usare un’espressione cara a monsignor Delpini, perché tocca a noi tutti insieme, come si intitolava il suo Discorso del 2020 e perché se ci credi – e dobbiamo crederci, altrimenti non so dove finiremo… -, il piccolo seme può arrivare a costruire una foresta. La fiducia è viva là dove c’è quella passione che l’Arcivescovo raccomanda. Però si deve essere consapevoli che la fiducia è qualcosa che cammina su un doppio binario, a livello di sollecitazioni pubbliche e di singoli: per cui, per esempio, anche realizzando questa intervista, un piccolo gesto, noi diciamo che nutriamo fiducia vicendevolmente. Pensiamo alla scuola che è un’educazione alla fiducia nel trasmettere senso della vita e del futuro, nell’apprendere, nel rapportarsi tra diversi ruoli: che si picchino gli insegnanti indica che è completamente saltata una relazione basata sulla fiducia. Questo è allarmante per la società, così come che si assaltino i Pronto soccorso. Occorre “fermarsi” un momento a riflettere, oltre la cronaca, sul domani che stiamo costruendo e su cosa ciascuno di noi può fare per intrecciare relazioni, anche semplici. Come quella basata anche solo sul «io ti chiedo, tu mi dai magari di più di ciò che ho chiesto, io ti chiedo, tu mi rispondi». Credo che essere cristiani oggi sia anche questo.    

Leggi anche

Sant’Ambrogio
Agenzia_Fotogramma_FGR4011417

Discorso alla Città: il bene comune esige fiducia

Nel suo pronunciamento l’Arcivescovo mette in guardia dalla paura che si diffonde come un virus, aiutata da chi la “semina” a tutto vantaggio di pochi interessati, e che condiziona scelte personali e vita sociale. Invita credenti e non a riscoprire la pratica di una virtù che passa attraverso il dialogo e il confronto tra idee diverse, per costruire alleanze davanti alle sfide di oggi: crisi demografica, emergenza educativa e migrazioni

di Pino NARDI

!cid_com_samsung_android_email_attachmentprovider_1_23772_RAW_1701883730425

Il Discorso alla Città 2023

Ne «Il coraggio, uno se lo può dare. Per una pratica della fiducia» l’Arcivescovo invita a reagire alla mediocrità imperante e alla rassegnazione, insistendo sulla necessità di prendersi cura di quel bene comune che è la fiducia