Da domenica 1 settembre don Marco Fusi è il nuovo responsabile del Servizio per i Giovani e l’Università della Diocesi di Milano. Ha lasciato il suo impegno più diretto con i giovani per assumerne un altro più vasto, da un punto di osservazione particolare e che abbraccia l’intero territorio ambrosiano.
Come si accosta a questo nuovo incarico?
Sono contento di accompagnare l’operato dei sacerdoti della Pastorale giovanile per cercare, insieme a loro, di interpretare i vissuti dei giovani, per accompagnarli nella fede, per trasmetterla come annuncio di Gesù. Accanto a loro cercherò di coordinare, pensare, immaginare il futuro e la presenza della nostra Chiesa ambrosiana rispetto all’annuncio della fede ai giovani, sapendo che per loro è un tempo di opportunità e di sfide. L’annuncio della fede ai giovani infatti è una sfida, una bella avventura, che richiede un po’ di creatività, ma anche la pazienza di stare con loro e di costruire relazioni positive.
Quali sono le sue priorità? Le maggiori attenzioni che avrà?
La sfida che ci consegna papa Francesco con la Christus vivit è quella dell’annuncio e della missionarietà: Dobbiamo formarci e aiutarci a crescere nella missionarietà nei confronti dei giovani. Dobbiamo avere la consapevolezza che il Vangelo è una bella notizia, che ha cambiato la nostra vita: per questo ora abbiamo il desiderio che anche i giovani possano incontrare questa luce, la bella notizia di Gesù. La priorità è sicuramente nella missionarietà. Poi, certo, occorre avere anche fantasia e creatività nella progettazione per pensare insieme la Chiesa, che deve essere fraterna e agile, perché a volte ai giovani risulta pesante e lenta. Loro stessi possono aiutarci a costruire una Chiesa sempre più fraterna, agile e leggera nel modo di porsi e di presentarsi agli altri.
Siamo all’inizio del nuovo anno pastorale. Quali sono i primi appuntamenti diocesani?
Sabato 5 ottobre abbiamo la Redditio Symboli dal titolo «Generare scintille». Il tema è quello della scintilla della fede che abbiamo ricevuto e che può essere trasmessa e condivisa con gli altri giovani attraverso la testimonianza di vita. Lo slogan riprende quindi la proposta pastorale dell’Arcivescovo, per cui i giovani possono cogliere in ogni situazione di vita (università, sport, lavoro, servizio) l’occasione per trasmettere la luce della fede che hanno ricevuto. Martedì 8 ottobre avremo il convegno di Pastorale giovanile aperto a sacerdoti, educatori, consacrate: si terrà a Seveso con il teologo don Giuliano Zanchi che ci aiuterà a interpretare il rapporto tra i giovani e la Chiesa. Che cosa impedisce alla Chiesa di essere vicina ai giovani? In che modo la Chiesa può trasformarsi ed essere più attenta al cammino e alle esigenze dei giovani? È un modo per riprendere il dopo Sinodo, quindi la lettera Christus vivit, per aiutarci a interpretarla e a cogliere le prospettive pastorali di questo tempo.
Qual è la ricaduta del Sinodo sui giovani nella Diocesi ambrosiana?
Intanto l’intuizione dell’Arcivescovo della «Rosa dei 20», quindi della vita comune, e poi il discernimento vocazionale: sono queste le due ricadute del Sinodo dei Vescovi sui giovani. In queste settimane e nei prossimi mesi collaboreremo a un’indagine dell’Istituto Toniolo sulla vita comune per valutare dal punto di vista sociologico quanto questa proposta possa essere sempre più un’esperienza di vita cristiana. Nella Chiesa lombarda, promotrice dell’indagine è l’Odl (Oratori diocesi lombarde): andremo a indagare questa esperienza. L’altra indicazione, come dicevo, è il discernimento vocazionale, quindi l’accompagnamento spirituale. Un’iniziativa, sempre molto bella della nostra Diocesi, è quella del Gruppo Samuele che riprenderà nel mese di novembre, mentre a ottobre si aprono le iscrizioni: i giovani che vi aderiscono potranno intuire meglio la domanda sulla loro vocazione o approfondirla.
Papa Francesco non vuole il proselitismo. Come rispondere allora alle esigenze dei giovani, sempre alla ricerca della felicità e del senso della vita, ieri come oggi?
La testimonianza avviene per attrazione, per contagio, quindi non dobbiamo fare proselitismo. Invece una vita buona, bella, che si percepisce come illuminata dal Vangelo, dalla presenza di Gesù che è luce, inquieta e risveglia il desiderio anche di altri giovani. La testimonianza viene anzitutto attraverso una vita attenta agli altri, aperta alle domande, al tempo presente, appassionata all’oggi, diventando capace di risollevare, risvegliare il desiderio, la domanda di senso nei coetanei.
Che cosa rimproverano i giovani al mondo adulto?
A volte ci viene un po’ rimproverato di appesantire la struttura ecclesiale, invece quello che ci viene richiamato dai giovani è una Chiesa più fraterna, meno burocratica, più domestica. Dal Sinodo è venuto il richiamo a essere Chiesa sempre più delle relazioni. Dobbiamo avere una costante attenzione alla fraternità e alle relazioni. Penso in questi ultimi tempi anche alla passione per i temi sociali: i giovani manifestano in qualche modo che la Chiesa sia attenta ai temi più globali e sociali. Ci viene chiesto di stare insieme a loro a costruire una società più giusta e attenta a tutti.