Giunge a conclusione la fase diocesana della causa di beatificazione di fratel Ettore Boschini – di cui basterebbe anche solo il nome di battesimo, vista la sua fama -, il camilliano scomparso nel 2004 dopo una vita al servizio dei più poveri ed emarginati. Iniziata nel 2017, la fase diocesana si conclude in tempi molto rapidi, come conferma monsignor Ennio Apeciti, responsabile del Servizio diocesano per le Cause dei Santi e delegato arcivescovile per quella relativa a fratel Ettore: «In effetti si può dire che, in questo caso, la causa sia stata breve nella fase ambrosiana, considerando che, fortunatamente, abbiamo ritrovato il suo diario e quindi abbiamo potuto trascriverlo e valutarlo».
Quali sono stati i capisaldi di questo processo diocesano?
Direi le testimonianze dei familiari, basterebbe citare la sorella Angela. Il secondo punto-cardine è stato Sabatino Iefuniello, uno dei suoi primi aiutanti, che fratel Ettore stesso mi fece conoscere anni fa e che morì si può dire di fatica per fare il bene.
Le testimonianze sono state abbastanza univoche?
Sì. Fratel Ettore non era un santo da icona o da immaginetta, anzi, era battagliero, aveva un certo carattere. Era un entusiasta, qualcuno diceva che era pazzo – come lo sono tutti i santi – e io stesso ne rimasi affascinato, quando lo incontrai, perché non si fermava davanti a nulla.
La fine della fase diocesana a cosa prelude?
Tutto il materiale raccolto, con gli interrogatori e le testimonianze, lo splendido e semplice diario che abbiamo rinvenuto e i suoi scritti, verranno inviati al Dicastero delle Cause dei Santi, dove l’intera documentazione verrà ripresa nella cosiddetta Positio, ossia nel volume da presentare prima a sei storici, poi a sette teologi, infine, ai Vescovi e ai Cardinali membri del Dicastero.
Naturalmente in questa fase non si parla di miracolo, mentre nella successiva sarà necessario…
La venerabilità, cioè il giudizio sulle virtù e la fama di santità, sarà rapida e questo indicherà che può essere proposto come esempio. Ma poi si dovrà verificare un miracolo attribuito a fratel Ettore. Per questo bisogna pregare e pregare tanto.
Il 19 dicembre 2017, giorno della prima sessione del processo diocesano, monsignor Delpini, «parlando dell’attenzione e simpatia» che suscitava Boschini, disse: «La genialità del santo è di aprire una strada su cui possiamo incamminarci. Ecco perché è importante che i riflettori si fissino su qualcuno dei molti che compiono il bene». Durante il processo diocesano, sono emersi questi caratteri?
Fratel Ettore suscitava proprio questa simpatia scuotendo le coscienze. Diceva: «Nessun uomo deve essere solo sulla terra perché la vita ha senso solo se ci si accorge di chi ci sta accanto che può aver bisogno di noi». Questo è l’esempio di un uomo che ha in sé quell’attenzione cui faceva riferimento l’Arcivescovo. Era convintissimo che la sua opera fosse voluta dal Signore e che lui era solo un mezzo: per questo non pensò tanto a creare dei discepoli che la portassero avanti, quanto a coltivare l’opera stessa come un fermento che avrebbe continuato a suscitare stimoli. Ricordo che l’allora Superiore provinciale dei Camilliani, quando accennò all’opportunità della causa, mi disse: «Serve anche a noi dell’Ordine, perché ci aiuta a tornare alle radici del nostro carisma».
Come e dove si svolgerà la celebrazione di chiusura?
Sarà sabato 25 novembre, alle 10, a Casa Betania di Seveso: avremo una Liturgia della Parola che riprenderà alcuni pensieri di fratel Ettore; poi, daremo voce alla parte giuridica: interverrà l’Arcivescovo, che assumerà nuovamente la titolarità del processo (formalmente in questi anni ha incaricato me come delegato e gli altri collaboratori) e quindi riconoscerà che il nostro lavoro è stato eseguito coerentemente. Infine tutto sarà sigillato e inviato a Roma al Dicastero delle Cause dei Santi.