«Una figura splendida che, seppure nella sua unicità, possiamo imitare con l’audacia della carità di cui fu esempio». È un’emozione particolare, che si tocca quasi con mano a Casa Betania delle Beatitudini di Seveso, quella a cui dà voce l’Arcivescovo presiedendo la solenne cerimonia di chiusura della fase diocesana della Causa di beatificazione e canonizzazione di fratel Ettore Boschini. Per tutti semplicemente fratel Ettore, tanto la sua fama continua a vivere anche dopo la morte avvenuta nel 2004 all’età 76 anni.
Presenti tanti ospiti, volontari. amici dell’opera, portata oggi avanti dalle 3 consacrate – le consorelle Teresa Martino, a cui il fondatore affidò la sua opera, Ester e Laura aggiuntesi subito dopo a scomparsa di Boschini – la centesima e ultima sessione diocesana del processo, vede la presenza, accanto al vescovo Mario, di monsignor Ennio Apeciti, delegato arcivescovile per la Causa stessa e responsabile del Servizio diocesano per le Cause dei Santi, don Marco Gianola, promotore di giustizia, don Simone Lucca, notaio attuario pubblico, don Walter Vinci, “portitore”. cioé colui che consegnerà fisicamente già domani, in Vaticano, gli Atti del processo al Dicastero per i Santi. Accanto a loro il provinciale dei religiosi camilliani (ordine cui apparteneva fratel Ettore), molti altri camilliani e i sindaci di Seveso e del paese natale di fratel Ettore, Roverbella in provincia di Mantova.
A tutti rivolge il suo ringraziamento inziale l’Arcivescovo, ricordando la presenza di molte persone che hanno portato la loro testimonianza al processo e di coloro che «hanno sentito fratel Ettore come una scelta di vita e un maestro nella pratica della carità».
La riflessione dell’Arcivescovo
«Come si legge il Vangelo?», questo l’interrogativo che apre la riflessione del vescovo Mario, dopo la lettura della pagina di Luca al capitolo 10 con la parabola del Buon Samaritano.
«Si può leggerlo sentendo come un soffio di brezza, di vento che in fretta se ne va, come voce che non c’entra niente con il cuore, oppure lo si può far diventare oggetto di una meditazione, chiedendosi cosa voglia dire Gesù e in che contesto abbia raccontato questa parabola. Si può anche ascoltare come chi riceve una spada che trafigge il cuore e l’animo e si sente richiamato alla compassione. Ma si può leggere il Vangelo come la storia di un uomo, di una persona concreta che si lascia commuovere. Fratel Ettore è stato per noi una pagina di Vangelo, Un uomo che, con le scelte che ha fatto, ha compreso che bisogna vivere in concreto questa pagina, per strada, mettendo il proprio tempo a servizio di chi ha bisogno. Questo momento solenne che abbiamo desiderato e che ci riempie di gioia, non vorrei che fosse soltanto un’occasione di soddisfazione per chi lo aspettava, ma che fosse vissuto come un momento di Vangelo».
Una seconda indicazione viene legata alla singolarità di fratel Ettore. «Era imprevedibile, talvolta imprudente, avendo dei tratti che lo facevano identificare come una persona forse un po’ strana e fuori dalle regole, Ma quel suo essere speciale, ha reso speciali quelli che ha incontrato e ha reso possibile imitarlo. Il suo essere irripetibile nello spingersi in imprese audaci, ha permesso a moltissime persone, come i volontari e le consacrate, di essere aiutate a vivere la loro ordinarietà con la sua straordinarietà. Anche nella vita di ogni giorno può abitare l’audacia della carità. Egli fu unico, ma imitabile sulla strada della carità»
Infine, un terzo pensiero. «Fratel Ettore è diventato, dopo la sua morte, un ricordo, un simbolo. Qualcuno si chiede dove sia andato, ora che non c’è più. È andato dove è sempre stato: nel cuore di Dio. La sua devozione, il suo modo di intendere la consacrazione, la sua incessante preghiera dicono che la morte non è un andare altrove in una posizione irraggiungibile, ma andare al centro, alla sorgente del bene che ha fatto e delle opere che iniziato. Anche nella malattia, nel terminare la vita, nella limitazione delle forze, ha rivelato che abitava in Dio».
Da qui la conclusione del Vescovo. «La santità non è una stranezza, un’estraniazione dall’ordinario, ma è un principio di comunione. Se anche noi andiamo al centro, incontro al Signore, lì viviamo la comunione dei Santi, quelli ordinari e straordinari che ci incoraggiano».
Il momento giuridico
Poi, il secondo momento della celebrazione solenne, quello più puramente giuridico, con l’invocazione dello Spirito, le letture, da parte del notaio, dei verbali dell’ultima sessione e dello “strumento di chiusura”, le firme, appunto la chiusura, con ceralacca, sigillo della Curia e timbro rosso con lo stemma dell’Arcivescovo, dei faldoni che contengono i documenti in triplice copia, una destinata all’Archivio Storico diocesano e due per il Dicastero vaticano. L’Arcivescovo legge anche la missiva inviata al prefetto del Dicastero stesso con cui, avendo accolto la fama di santità di Boschini, indagato le testimonianze e i testi, chiede che si prosegua la Causa il cui primo, prossimo passaggio sarà il riconoscimento dell’eroicità delle virtù.
Ancora si prega e si canta, invocando il miracolo necessario per la beatificazione e portandosi al termine sulla toma di fratel Ettore.
L’appuntamento è per sabato 2 dicembre, sempre a Casa Betania, quando verrà presieduta dal Superiore generale dei religiosi camilliani, padre Pedro Tramontin, la solenne celebrazione eucaristica di ringraziamento.