Per gentile concessione dell’editore e degli autori pubblichiamo uno stralcio del nuovo volume Francesco, il Papa delle prime volte (San Paolo, 264 pagine, 16 euro).
«Francesco ci sorprende perché Dio lo sorprende», ha detto dell’attuale Papa il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, arcivescovo di Manila. È così: dal 13 marzo 2013 a oggi questo pontefice «preso quasi dalla fine del mondo» non smette di stupirci. Ha compiuto e compie gesti inusuali, sviluppato intuizioni pionieristiche, inaugurato scelte inedite (talora dirompenti).
Spesso, relativamente a parole, gesti, incontri, nomine e viaggi che l’hanno avuto protagonista, è stato detto qualcosa come «Per la prima volta un Papa…». Ma, dietro la novità di questi gesti, c’è solo la personalità di Jorge Mario Bergoglio, o c’è di più, qualcosa di “altro” che serve a capire meglio il pontificato in corso? Per rispondere alla domanda abbiamo provato a ripercorrere cinque anni di sorprese firmate Bergoglio. Alla fine ne è uscito un libro che intende proporre un ritratto originale, documentato ma anche curioso di questo Papa, il primo gesuita della storia a salire al soglio di Pietro. Se ci siamo riusciti, saranno i lettori a dirlo.
La prima motivazione che ci ha mossi nel nostro lavoro è la consapevolezza che la frequenza delle novità introdotte da Francesco nell’arco di soli cinque anni è tale che, forse, ci stiamo quasi abituando ad esse, quasi fossero un dato fisiologico di questo Papa per molti versi fuori dagli schemi. Addomesticare la portata dello scossone che Bergoglio, in mille modi, più o meno diretti, evidenti ed efficaci, sta provando a dare alla Chiesa cattolica (e non solo) è un pericolo da evitare. Per alcuni, che non hanno digerito la sua elezione a Papa, «il nuovo che avanza» firmato Francesco sarebbe qualcosa di accidentale, legato alla sua figura, al suo passato e non invece a scelte profetiche e lungimiranti. Il rischio, insomma, è di ridurre quasi a un dato folcloristico la mole di riforme e salutari provocazioni lanciate, nei suoi primi cinque anni da Papa, dal gesuita argentino che ha voluto chiamarsi Francesco.
Una seconda tentazione, opposta, consiste nell’elevare l’attuale Papa al ruolo di innovatore assoluto e solitario. Nel bene e nel male. Purtroppo – lo diciamo con dolore – ci pare sia quanto stanno facendo alcuni giornalisti e, perfino, taluni pastori, quando dicono di Francesco che sia un Papa talmente nuovo da aver stravolto in modo irreversibile dottrina e tradizione cattolica. Non la pensiamo così.
Al tempo stesso, non ci vogliamo attardare in un esercizio stucchevole di “papolatria”, né aggiungerci alla schiera dei fan di Bergoglio che, nella foga di sottolineare le discontinuità introdotta da Francesco su molti versanti, ci pare cadano nell’errore di caricare ogni sua novità di un significato assoluto, quasi che egli voglia strappare con tutto ciò che sta (o stava) prima di lui.
Consideriamo Bergoglio un grande dono di Dio alla sua Chiesa, così come, in forme diverse, ogni Papa lo è stato. Siamo convinti, tuttavia, che il rinnovamento autentico della Chiesa non verrà dal potere taumaturgico di uno, ma da un faticoso, paziente e costante cammino di conversione dell’intero popolo di Dio, dal Papa all’ultimo dei fedeli.
Ciò detto, il nostro libro non ha la pretesa di tracciare un bilancio del primo lustro del pontificato di Francesco, operazione che richiederebbe, ovviamente, un puntuale esame della sua produzione magisteriale, scritta e orale. Lasciamo volentieri ad altri, più competenti, l’arduo compito. Noi abbiamo preferito, da cronisti, raccogliere dati, ripercorrere eventi (noti e meno noti) e rileggere gesti. Con un obiettivo chiaro: tentare di interpretarli e di creare una gerarchia tra le varie “sorprese” regalateci da Francesco, che insieme rappresentano «l’aria fresca del Sud che ha fatto irruzione nella Chiesa», come ha scritto il teologo argentino Juan Carlos Scannone.
La conclusione cui siamo pervenuti al termine del volume (che abbiamo voluto dedicare al cardinale Carlo Maria Martini) è che Francesco ha inaugurato una serie di novità molto significative. Ha innescato processi, di cui forse nemmeno lui vedrà pienamente l’esito finale. Ha prodotto una salutare scossa, ma senza tagliare i ponti con la dottrina e la tradizione della Chiesa, come l’accusano alcuni.
Da ultimo. Jorge Mario Bergoglio ha sicuramente una carica di simpatia umana che lo rende unico. Il più grave torto che si può commettere nei suoi confronti, però, consiste nel scambiarlo per “buonista”, anziché cogliere il essaggio forte, al tempo stesso scomodo e liberante, del quale egli è portatore: l’esigenza di tornare alla nuda radicalità del Vangelo, che ha nella misericordia di Dio, fattasi carne in Gesù Cristo, il suo centro.
Gerolamo Fazzini e Stefano Femminis