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«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa, per esercitare il potere, deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce». È il messaggio di Papa Francesco alla Chiesa universale e al mondo, nell’omelia della messa di inaugurazione del pontificato in Piazza San Pietro, davanti a centinaia di migliaia di fedeli. Il Papa, ha affermato, «deve aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, è straniero, nudo, malato, in carcere». «Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza», ha ripetuto Papa Francesco -. Prendersi cura, custodire, chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza» ha spiegato.
«Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza. Custodire il creato, ogni uomo e donna, con uno sguardo di tenerezza e amore è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nuvole, è portare il calore della speranza!». E per il credente, ha ricordato il Papa, «per noi cristiani, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio». Poi la definizione del ministero petrino: «Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza».
Il saluto a Benedetto XVI
«Cari fratelli e sorelle! Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale»: queste le prime parole di Papa Francesco nell’omelia. «È una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza», ha aggiunto il Pontefice, immediatamente applaudito dalla folla. Poi il salutato e il ringraziamento ai presenti: cardinali e vescovi, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici, rappresentanti delle altre Chiese, della Comunità ebraica e di altre comunità religiose, Capi di Stato e di governo, delegazioni ufficiali e corpo diplomatico.
«Custodiamo Cristo nella nostra vita»
Nella sua omelia, poi, il Papa ha preso spunto dal brano del Vangelo di Matteo, che racconta di Giuseppe «uomo giusto» e del sogno in cui l’angelo lo chiama a prendere con sé Maria come sua sposa. Giuseppe è «il custode di Maria e di Gesù», ma la sua è «una vocazione che si estende poi alla Chiesa». Ha citato Giovanni Paolo II per delineare la figura di San Giuseppe quale esempio del credente: «Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, Giuseppe accompagna con premura ogni momento. È accanto a Maria nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al tempio, e poi nella quotidianità della casa di Nazaret». «Nei Vangeli – ha aggiunto – Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, di amore».
«Giuseppe vive la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa nella costante attenzione a Rio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto – ha spiegato Francesco -, ed è quello che Dio chiede a Davide: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno: ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito». Giuseppe è «Custode», ha proseguito, «perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge». In lui, secondo Papa Francesco, «vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!», l’invito del Santo Padre ai fedeli.
«Siate i custodi dei doni di Dio»
«Siate i custodi dei doni di Dio», ha esortato il Papa dopo aver spiegato che «la vocazione dl custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi; è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti». «E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità, quando noci prendiamo cura del creato e dei fratelli – ha ammonito il Papa – allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli Erode che tramano disegni di morte, e distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna».
«Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente. Non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! – il forte appello del Papa, che ha suscitato l’applauso della piazza -. Ma per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia la superbia sporcano la vita!». Custodire vuol dire, allora, «vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è da lì che escono intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono».
La consegna del pallio e dell’anello
La cerimonia è stata introdotta dall’omaggio e dalla preghiera alla tomba di Pietro. Poi il Papa, in processione con tutti i concelebranti, si è mosso dal centro della Basilica ed è uscito sul sagrato, luogo dove secondo la tradizione è stato martirizzato Pietro. All’inizio della celebrazione, la consegna del pallio e dell’anello, i due segni del ministero petrino. Il pallio è stato consegnato e imposto al Papa dal cardinale protodiacono, Jean-Louis Tauran: è lo stesso pallio che aveva Benedetto XVI. A consegnare l’anello è stato invece il cardinale decano, Angelo Sodano. L’anello del pescatore – in argento dorato, con la raffigurazione di San Pietro con le chiavi – è opera di Enrico Manfrini ed è un modello donato a Paolo VI, che però non era mai stato fuso in metallo e non era mai stato utilizzato da Papa Montini: è stato presentato al Papa dal Maestro delle cerimonie liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, che a sua volta l’aveva ricevuto dal segretario di Paolo VI monsignor Macchi. Quindi i cardinali Re, Bertone, Meisner, Vidal, Martino e Marchisano hanno prestato obbedienza a nome di tutto il Collegio.
Dopo i riti specifici dell’inizio del pontificato, Papa Francesco ha dato avvio alla celebrazione. Prima il Confiteor in latino, poi il canto del Kyrie e del Gloria. Le letture in inglese, italiano e spagnolo, il Vangelo cantato in greco, per sottolineare l’unità tra le Chiese d’Oriente e le Chiese d’Occidente. Le letture della messa sono state quelle della festa di San Giuseppe. La prima lettura era tratta dal secondo libro di Samuele; dopo il Salmo 88, la seconda lettura è stata tratta dalla lettera di San Paolo ai Romani.
Autorità e concelebranti
Erano presenti oltre 130 delegazioni da tutto il mondo: 31 Capi di Stato, 6 sovrani regnanti, 3 Principi ereditari, 11 Capi di Governo: rientrato in Basilica al termine della celebrazione, il Papa ha ricevuto il loro saluto. Trentatre le delegazioni di Chiese e confessioni cristiane, tra cui il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Presenti anche la delegazione ebraica, musulmana, buddista, sick, jainista.
Sono stati 180 i concelebranti, a partire dai cardinali presenti a Roma. Oltre a loro, i patriarchi e gli arcivescovi maggiori delle Chiese orientali: Isaac Sidrak, patriarca di Alessandria dei Copti, Gregorio III Laham, patriarca greco-melkita di Antiiochia, Ignace Youssif III Younan, patriarca di Antiochia dei Siri, Nerses Bedros Xix Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni, Luosi Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme. Gli altri concelebranti sono monsignor Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i vescovi, padre José Rodriguez Carbalho, presidente dell’Unione Superiori Generali, pader Alfonso Nicols, generale della Compagnia di Gesù.
Il giro per la piazza e la telefonata a Buenos Aires
La Messa è stata preceduta, alle 8.50, da un lungo giro intorno a Piazza San Pietro sulla papamobile scoperta, con un “fuori programma”: dopo aver stretto mani delle persone accalcate lungo le transenne, Papa Francesco è sceso dall’auto per andare ad accarezzare una persona in carrozzina.
La mattinata del Pontefice era iniziata con una telefonata alle migliaia di fedeli riuniti nella Plaza de Mayo, di fronte alla cattedrale di Buenos Aires. «Grazie per le preghiere, grazie per esservi riuniti a pregare»: queste le sue prime parole, riferite dal sito del quotidiano La nacion. Poi ha proseguito: «È tanto bello guardare il cielo, guardare al nostro cuore e sapere che abbiamo un padre buono che è Dio… Vi chiedo un favore: camminiamo tutti insieme, prendiamoci cura gli uni degli altri. Non facciamoci danno. Proteggiamo la vita, la famiglia, la natura, i bambini, gli anziani. Che non ci sia odio, liti. Lasciate l’invidia, dialogate tra di voi. Che questo desiderio di prendersi cura cresca nel cuore. Avvicinatevi a Dio». Poi il Papa ha affidato i fedeli all’intercessione di Santa Maria, degli angeli, di San Giuseppe, di Santa Teresa del Bambin Gesù, del «bambino Gesù» e dei «vostri santi protettori», e li ha benedetti.