«Comunicare è uscire da se stessi per dare agli altri, saper comunicare è una grande saggezza e io sono contento di questo Giubileo». Così il Papa ha salutato i seimila operatori della comunicazione provenienti da tutto il mondo, riuniti nell’Aula Nervi per il Giubileo, appunto, dei giornalisti, il primo dei 36 grandi eventi dell’anno.
Giornalisti ai quali papa Francesco ha rivolto un caloroso saluto, prima di un lungo giro compiuto in sedia a rotelle, tra le file dell’Aula. «Il vostro lavoro costruisce la Chiesa, la società, a patto che siate veri voi nel vostro intimo, non solo le cose che dite. Comunicare è una cosa divina: grazie di quello che fate. La comunicazione è incontro».
Per una comunicazione che sia verità
Un suggello attesissimo e vissuto con entusiasmo in una mattinata iniziata, per i comunicatori, con il passaggio della Porta Santa della basilica di San Pietro e, successivamente sempre nell’Aula Paolo VI, con il dialogo tra due grandi testimoni di speranza (anche per la comunicazione): Maria Ressa, giornalista, premio Nobel per la pace, direttrice della piattaforma Rappler, e Colum McCann, scrittore, autore di Apeirogon e Great World Spin, co-fondatore della rete Narrative 4. Incontro moderato da Mario Calabresi – giornalista e scrittore, già direttore de La Stampa, La Repubblica e co-fondatore di Chora Media -, preceduto da una breve introduzione di Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione che ha definito il senso di un «ritrovarsi per comprendere come il nostro comunicare potrebbe essere migliore, come la speranza sia radicata in qualcosa che ci trascende, la fede, e se la comunicazione possa essere il collante o, invece, il veleno della comunità tutta».
Parole a cui ha fatto eco Calabresi. «Si può comunicare la speranza, e meglio, con speranza o, oggi, solo la cronaca nera è il nostro pane quotidiano che costruisce diffidenza e ogni giorno un colpevole? Il male va raccontato, certo, ma sapendo che, anche dentro il male, si possono vedere segni di bene, resistenza, soluzioni alternative: è questo che ci aiuta a non cadere nel baratro, ricostruendo speranza. Occorre essere costruttori di senso e artefici di speranza, facendo partecipe chi ascolta, legge o guarda, come dice il Papa nel suo messaggio per la 59esima Giornata delle Comunicazioni sociali».
La premio Nobel Maria Ressa
«Le metanarrative di odio hanno distrutto la fiducia, premiando i peggiori e distruggendo la nostra credibilità di giornalisti», ha affermato, da parte sua, la Premio Nobel Ressa, ricordando i suoi numerosi arresti da parte delle autorità filippine.
«Vedo ciò è successo nelle Filippine – ha aggiunto – , ora lo vedo in anche Paesi molto più avanzati. La tecnologia premia le bugie, ma c’è una regola d’oro che mi ha guidato per tutta la vita, “fai agli altri quello che vorresti fare a te stesso”. Costruiamo ponti, quando sembra più facile costruire muri, dicendo sempre la verità. Collaborare è un antidoto a tanti problemi di oggi, come la tecnologia che ha rotto qualcosa in noi. La guerra, infatti, non è più combattuta con i missili, ma con gli algoritmi, con la militarizzazione dell’informazione, tuttavia, la pace rimane un lavoro e un dovere collettivo. Difendete le minoranze», ha concluso la reporter, salutata da un lungo applauso.
«Le storie collante dell’umanità»
Da una famoso rapporto epistolare tra Einstein e Freud si è avviata la riflessione di McCann, «quando alla fine della prima guerra mondiale, lo scienziato scrisse al fondatore della psicoanalisi, se fosse possibile liberare la civiltà dalle macerie della guerra e coltivare la speranza di una pace mondiale. Freud rispose che vi erano poche possibilità che l’umanità sradicasse la guerra, ma che opporsi ad essa e lottare per la pace non era impossibile. A un secolo di distanza – ha scandito lo scrittore – noi viviamo nell’epoca insieme più umana e meno umana di tutta la storia, siamo in un’epidemia di solitudine anche se siamo tutti connessi e, così, continuiamo a porci le stesse domande di Einstein a Freud. Le storie sono il collante che ci tengono uniti. Quando annientiamo le storie degli altri, il mondo diventa uno spettacolo di mentalità ristretta. Questo è alla base della nostra rovina, perché non abbiamo altro prossimo che non noi stessi. Diventiamo il vuoto che temiamo».
«Come riparare? La comunità globale è chiamata alla ricerca di una “comunione di sentimenti” e una “metodologia di istinti” – come li definisce McCall -. Qualche frammento di bene è arrivato, ma ci troviamo ancora vicini all’oscuramento. Le decisioni arrivano ancora dall’alto, il cambiamento nasce invece dal basso, come dimostrano due papà, uno israeliano e uno palestinese, che nonostante la perdita dei loro figli nell’ambito dei conflitti in Medio Oriente, hanno mantenuto la loro amicizia».
Prima del breve intervento del Santo Padre che rimanda al suo testo scritto di 9 pagine – «ma a quest’ora non è il caso, sarebbe una tortura» scherza -, l’esibizione musicale, apprezzatissima, del grande violinista Uto Ughi, accompagnato dall’orchestra promossa dalla Fondazione che porta il suo nome.