«Sento nell’anima mia uno sconfinato desiderio di amare l’amore infinito che è il mio Dio; sento in me il bisogno estremo di compiacere il Dio mio e mio tutto, che vuol essere da me amato». Così scriveva nel suo Diario spirituale, dandoci una folgorante immagine del suo profondo desiderio di Dio, fra Cecilio Cortinovis da Costaserina, vissuto per quasi settant’anni (dal 1921 sin quasi alla morte) a Milano, nel servizio di portinaio e questuante per i poveri presso il Convento dei Cappuccini di viale Piave, ove accoglieva chiunque suonasse a quella porta con il suo rasserenante sorriso e con il suo immancabile saluto: «Lo sai che Dio ti vuole bene?».
Ora finalmente fra Cecilio è Venerabile: papa Francesco ha ratificato l’Inchiesta compiuta nella Diocesi di Milano fra il 27 settembre 1993 e il 10 aprile 1995 e passata attraverso il severo esame prima dei Consultori Storici, poi dei Consultori Teologi, quindi dei Vescovi e dei Cardinali, che hanno riconosciuto che fra Cecilio ha vissuto in forma esemplare il Vangelo e può esserci maestro nel cammino di santità, cui tutti siamo chiamati per il nostro Battesimo.
Fra Cecilio fu modello di santità già in vita. Basti ricordare che, quando nel 1926 si decise di erigere un monumento a San Francesco d’Assisi in piazza Risorgimento a Milano, per dare volto al Santo Poverello fu scelto come modello proprio fra Cecilio, il quale già allora consolava le migliaia di poveri che bussavano alla portineria del Convento di Viale Piave.
Segni prodigiosi di carità accompagnarono il suo servizio. Non pochi testimoni al Processo diocesano deposero sulla pentola vuota nella mensa dei poveri: i suoi aiutanti, intimoriti, pensavano alla reazione di quelli, che sarebbero rimasti senza cibo; fra Cecilio, sorridente, continuava a scodellare minestra, e tutti sentivano il mescolo raschiare sul fondo, ma uscire pieno dalla pentola vuota! Così per il sacchetto di cibo che fra Cecilio dava a chi bussava alla porta del Convento: quando la cesta era vuota, il giovane frate che aiutava l’ormai anziano fra Cecilio, non voleva aprire lo spioncino, ma lui si alzava, infilava la mano nella cesta e ne usciva un sacchetto; eppure, così mi dichiarò il giovane frate, la cesta era vuota. Ma la mano di fra Cecilio ne usciva sempre con il sacchetto, che consegnava, ripetendo: «Ricordati che Dio ti ama!»
Nacque così la Mensa o Opera di San Francesco, una delle istituzioni caritative più famose in Milano, che fornisce vestiti, assistenza medica, sostegno umano e oltre tremila pasti al giorno a poveri ed emarginati di ogni nazione e religione.
Fra Cecilio coinvolse nella sua eroica santità il beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, che durante la seconda guerra mondiale fu visto più volte aiutare il povero frate a caricare i sacchi di farina e di pasta sul carretto con cui era giunto nel Palazzo Arcivescovile per chiedere cibo. Caricatolo, il grande Arcivescovo spingeva insieme al povero frate il carretto sulla via del ritorno alla mensa dei poveri.
Fra Cecilio fu esempio fecondo di santità. Presso quest’umile portinaio santa Gianna Beretta Molla imparò la bellezza del dono di sé; presso di lui il Venerabile Marcello Candia maturò la decisione di condividere i proventi della sua florida azienda con i poveri e i lebbrosi del Nord-Est brasiliano; con lui si confrontò il Venerabile Giuseppe Lazzati, nella ricerca spirituale che lo condusse a fondare l’Istituto Secolare Cristo Re. Maestro e compagno di santi, fu egli stesso alla scuola dei santi, poiché fra Cecilio avrebbe voluto partire per le missioni in Brasile, a sostituire il confratello, il Venerabile Daniele da Samarate, morto lebbroso tra i lebbrosi, ma i Superiori gli chiesero di essere missionario in portineria. E ci riuscì!
Di uomini così generosi ha oggi bisogno la Chiesa. Di uomini contenti della semplicità e della povertà hanno bisogno i giovani, nella loro inquietudine che svela il desiderio di infinito che alberga nel loro fragile e ardente cuore.