Sette milioni raccolti, due già erogati e gli altri già impegnati per coprire le necessità dei 1700 beneficiari entrati nel programma. Sono gli ultimi risultati del Fondo San Giuseppe, creato della Diocesi per aiutare le persone che hanno perso il lavoro a causa del Covid.
I primi assegni sono stati distribuiti dai parroci subito dopo Pasqua, quando si era ancora in pieno lockdown. Nelle settimane successive si è poi continuato. Tra le persone raggiunte dagli aiuti (sempre stando agli ultimi dati disponibili, aggiornati al 30 luglio), gli uomini rappresentano il 52%, le donne il 48%; la fascia di età più rappresentata è quella tra i 25 e i 44 anni (37%), seguono i 45-55enni (29%) e i 25-34enni (17%).
Tra chi ha chiesto aiuto, il 43% è in attesa di cassa integrazione, il 21% ha terminato il contratto di lavoro o non se lo è visto rinnovare, il 10% aveva un’attività autonoma che ha non resistito allo stop economico. Ma c’è anche un 9% che ha perso il lavoro nonostante il blocco del licenziamenti: è il caso di colf e badanti, categoria per la quale non vale la moratoria imposta dal Governo ad altri settori. Il resto è costituito da lavoratori parasubordinati od occasionali.
«Il Fondo San Giuseppe è stata una scialuppa di salvataggio che ha soccorso tanti che rischiavano di venire sommersi – sottolinea Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. Ma la crisi sociale prodotta dall’emergenza sanitaria non è alle nostre spalle. Tutt’altro. Ci aspettiamo un autunno ancora più difficile dei mesi passati. Per questo abbiamo rinnovato l’appello a contribuire a questa iniziativa. Chi può doni, affinché nessuno sia lasciato indietro».
Intitolato al Santo patrono dei papà, degli operai e dei lavoratori, il Fondo San Giuseppe è stato annunciato dall’Arcivescovo il 22 marzo, quarta domenica di Quaresima. Partito con una dotazione iniziale di 4 milioni di euro (2 offerti dal Comune di Milano, 2 dalla Curia), è stato alimentato in questi mesi dalle donazioni di cittadini ed enti benefici.
Il Fondo San Giuseppe si rivolge a disoccupati a causa della crisi Covid-19 (per esempio dipendenti a tempo determinato cui non è stato rinnovato il contratto), lavoratori precari (contratti a chiamata, occasionali, soci di cooperativa con busta paga a zero ore), lavoratori autonomi. Per accedervi occorre essere regolarmente domiciliati sul territorio della Diocesi ambrosiana, essere disoccupati dal 1° marzo 2020 o aver drasticamente ridotto le proprie occasioni di lavoro e non avere entrate familiari superiori a 400 euro mensili a persona.
Il Fondo ha carattere emergenziale e temporaneo e si affianca al Fondo Diamo Lavoro, strumento di politica attiva del lavoro. Entrambi sono stati costituiti all’interno del Fondo Famiglia e Lavoro, voluto la notte di Natale del 2008 dall’allora arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, per far fronte alla crisi economica. Sia il Fondo San Giuseppe, sia il Fondo Diamo Lavoro utilizzano per operare la stessa rete di centri di ascolto e gli stessi organismi statutari (Consiglio di gestione e Segreteria).
«In prospettiva i due strumenti opereranno contemporaneamente e in sinergia – spiega Gualzetti -. Gli esperti del lavoro stanno già prendendo contatto con le aziende per verificare le loro necessità. I tirocini in azienda, finanziati attraverso “Diamo lavoro” saranno un’opportunità di riqualificazione anche per chi ha perso il lavoro durante il lockdown e vuole cercare nuove opportunità. In questo modo l’assistenza che abbiamo dato nei primi mesi, e che continueremo a dare anche nei prossimi, potrà evolversi in maniera positiva e costruttiva intercettando le occasioni che si presenteranno».