«Un rinnovo al vertice dello Ior nel silenzio di questi anni non avrebbe significato ammissione di colpevolezza, ma semplicemente la volontà di riportare l’opera nei suoi fini iniziali». A scrivere queste parole per chiedere la rimozione del presidente della “banca vaticana” Paul Casimir Marcinkus dopo il crack dell’Ambrosiano è l’arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, in una lettera datata 6 marzo 1987 indirizzata all’allora Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Agostino Casaroli.
La lettera di Benelli
La lettera inedita, conservata nell’archivio personale di Casaroli, è uno dei documenti tratti dal volume di Francesco Anfossi Ior, luci e ombre della banca vaticana, edito da Ares, di cui Famiglia Cristiana pubblica un’anticipazione (vedi qui la copertina). Si parla anche di un’altra lettera inedita, quella dell’arcivescovo di Firenze, cardinale Giovanni Benelli, che cinque anni prima, a pochi mesi dalla morte, aveva fatto la stessa richiesta a Casaroli: «Lungi da me giudicare. Ma, anche ammesso che monsignor Marcinkus sia del tutto esente da colpa e abbia anzi compiuto con diligenza il suo ufficio, esiste oggi, ed è molto forte, l’odium plebis, che colpisce certi comportamenti, forse innocui in altri tempi, ma non più oggigiorno, e non risparmia né le persone né le istituzioni a ogni livello. È insomma un aspetto pastorale grave che mi permetto di sottoporre alla sua più alta e illuminata considerazione».
L’indennizzo ai creditori
Nell’articolo (leggi qui il testo integrale) anche un’altra importante rivelazione tratta dal volume: l’accordo sull’indennizzo da parte del Vaticano alle banche creditrici del Banco Ambrosiano di 250 milioni di dollari fu avvallato da Giovanni Paolo II in una riunione segreta che si tenne a Castel Gandolfo nell’agosto 1983 alla presenza del Pontefice, del segretario di Stato Casaroli, del sostituto alla Segreteria di Stato Eduardo Martinez Somalo, dell’allora assistente di Wojtyla Stanislav Dziwisz e dello stesso Marcinkus. L’Istituto vaticano si riprese presto da quello shock finanziario grazie anche alla liquidità garantita dai conti di Madre Teresa di Calcutta, prima depositante per entità.
Lo sconcerto del Cardinale
Dunque, tre anni dopo l’accordo detto di Ginevra (la città dove venne firmato), anche Martini, sconcertato, si domanda come mai Marcinkus fosse ancora al suo posto. «In particolare il “cristiano medio” dell’area milanese – scrive il cardinale -, nella quale molte persone hanno perso i loro risparmi a causa della bancarotta del Banco Ambrosiano per la quale viene ora asserita dalla pubblica accusa la complicità di monsignor Marcinkus, si chiede se sia opportuno che persone colpite dal mandato di cattura debbano ancora occupare i loro posti di responsabilità, col rischio di una condanna per imputazioni gravissime (molti detenuti oggi nelle carceri italiane per fatti valutari lo sono per cause assai minori)».