«Ce lo dice il Vangelo di Giovanni: Dio è l’eterno lavoratore, non sopporta di vedere uomini abbandonati o costretti all’ozio e alla passività, perché questo porta alla malinconia che può giungere fino alla disperazione, come la tragedia dei suicidi di questi tempi ci fa rimarcare. Non dimentichiamo mai che a metterci al lavoro è Colui che lavora sempre, è Colui che è l’eterno lavoratore».
Con queste parole, durante la Veglia di preghiera di ieri sera nella Basilica di Sant’Ambrogio, il cardinale Angelo Scola ha voluto sottolineare l’importanza del lavoro, la necessità di avere un’occupazione, di dedicarsi a un’attività che consenta di vivere, ma anche di esprimere tutta la nostra libertà e il nostro essere.
Un’occasione speciale, la celebrazione di ieri sera, per pregare insieme, per dare sostegno a tutti coloro che soffrono per la mancanza di un lavoro, ma anche per lanciare la Fase 2 del Fondo Famiglia e Lavoro, il nuovo progetto pensato dal Cardinale per integrare la grande iniziativa di sostegno economico alle famiglie in difficoltà lanciata dall’allora Arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
Il lavoro, insomma, non è qualcosa di disgiunto dall’uomo, ma è qualcosa che gli appartiene profondamente e che tutti, quindi, dovrebbero avere: «L’origine del lavoro non sta primariamente in noi – ha infatti detto il Cardinale -, ma in Colui che è il nostro Fattore. Pensiamo alla grande tradizione cristiana del segno della croce subito dopo che ci svegliamo, o della preghiera mattutina, oppure al gesto di partecipare alla messa feriale». Tutti piccoli gesti, secondo l’Arcivescovo, che già indicano un’azione, un’attività, un impegno, e che si inseriscono profondamente nella natura dell’uomo.
La Veglia di preghiera di ieri sera è stata però anche un intenso momento di ascolto e di riflessione su quello che sta accadendo nella nostra società. Nei primi mesi di quest’anno solo in Lombardia hanno perso il lavoro 21 mila persone, una soglia che fu superata solo vent’anni fa. È aumentata nel contempo la cassa integrazione ordinaria (+ 35%) e quella in deroga (+60%), e la crisi coinvolge anche i giovani che non possono più negoziare il loro talento: più del 20% in Lombardia sono disoccupati, percentuale che sale al 32% in Italia. Per non parlare della situazione degli stranieri che hanno impieghi precari, malpagati, e per i quali aumenta il numero di coloro che non trovano neanche un lavoro.
Chiara, 29 anni della provincia di Varese, ha voluto raccontare a tutti i fedeli la sua esperienza. Per anni, dopo la laurea in mediazione interculturale, è passata da un contratto precario all’altro, senza certezze, con un senso di insicurezza che aumentava sempre di più, ma alla fine ha trovato un lavoro più stabile presso un centro interculturale, a Bresso. Il suo è un esempio positivo («ho capito che la crisi si vince solo coltivando le relazioni, facendo interagire tutti i propri ambiti di vita»), ma certo la storia di Maurizio e Antonia fa assaporare tutta l’amarezza di chi invece si ritrova a terra all’improvviso: «Facevo il tecnico informatico – ha raccontato Maurizio – e nel 2009, a 49 anni, l’azienda ha chiuso. Io non demordo, faccio corsi di aggiornamento e mando curriculum, ma a oggi tutto tace». E intanto la vita va avanti, e vivere costa caro.
E però, allo stesso tempo, non si è soli. La crisi c’è, ma «dalla crisi si esce insieme»: questa la frase che ha dato il titolo alla Veglia di ieri sera e che è stata ripetuta tante volte, per far sentire l’abbraccio della Chiesa a tutte le famiglie o ai singoli che soffrono, che sono preoccupati per il loro futuro, e per il loro presente. Lo stesso Cardinale lo ha ricordato: «La Giustizia implica che ci facciamo carico di chi ha perduto il lavoro o non lo ha mai trovato, di chi non ha la possibilità di sfamarsi, soprattutto e non solo nel sud del mondo. Perché vi sia vera giustizia è necessario aggiungere gratuità e solidarietà». E ancora: «La vera Giustizia non può essere né un dare per avere, né un dare per dovere. C’è qualcosa di più: è la logica della misericordia».