L’asino – animale umile per eccellenza – che non frequenta persone importanti, non sa le lingue, non conosce i potenti e che conduce, ogni giorno, solo i più fragili che non riuscirebbero da soli a percorrere le strade o a tornare a casa, come gli Efraim e i Bartimeo di ogni tempo. Ma che, proprio per questo, porta su di sé anche il Signore che lo sceglie nel giorno del suo ingresso messianico a Gerusalemme. L’asinello che, perché è giovane, non può caricare pesi troppo pesanti, ma si rende comunque utile, facendo divertire i bambini con la sua mansuetudine e mitezza.
Nella IV Domenica dell’Avvento ambrosiano – «in questi giorni così cari alla città di Milano e alla nostra regione, che ci invitano ad accogliere Gesù», l’Arcivescovo presiede, in Duomo, la Celebrazione eucaristica, invitando, anzitutto, a liberarsi «da ogni tristezza e dai nostri peccati».
Poi, tutta la sua omelia, che si ispira alla pagina evangelica di Marco al capitolo 11, potrebbe parere una favola, ma, ovviamente, non lo è.
È, invece, l’emblema del modo di essere veramente cristiani. Portando i pesi di chi è cieco, in molti sensi, come Bartimeo o di chi, come Efraim, non può camminare, basti pensare ai portatori di handicap, oggi più che mai in difficoltà con loro famiglie spesso lasciate sole, o ai “paralitici” dell’anima in questo momento di emergenza spirituale. Tutti carica sul suo dorso l’asinello di Efraim «che non andava a scuola, ma ascoltava tutti quelli che, parlando con lui, sentivano una specie di consolazione».
«Quel giorno, quando il Signore ne ebbe bisogno, fu il suo giorno di gloria. L’asino che aveva accompagnato il Signore e introdotto il regno che viene nella città di Davide, tornato a casa non raccontò a nessuno della gloria e della folla. Infatti non sapeva spiegarsi: infatti, era un asino. Ma era un asino felice. Dopo aver portato in città il Signore, continuò la sua vita da asino, ma aveva la persuasione che la sua non fosse una vita qualsiasi, ma piuttosto una missione».
Evidenti e vibranti le parole del vescovo Mario. «Introdurre il Regno che viene in una storia di tiranni e di devastazioni è possibile solo con la mitezza, la mansuetudine, la pazienza di tirare il carro. La missione dell’asino di Efraim era quella di portare il peso e le pene di tutti coloro che sono tribolati dalla vita, di essere disponibile ad ascoltare, pronto a servire, affidabile nel portare colui che non può andare da solo. La missione dell’asino era quella di portare a casa, da qualsiasi parte, Barttimeo, il cieco e tutti quelli che si sono perduti. Con questo offriva salvezza a chi si era smarrito e lo portava fino a casa. Per questo Gesù scelse l’asino di Efraim per il suo ingresso messianico nella città di Davide. E per questo l’asinello si è meritato di essere citato più volte nei Vangeli».
Chiaro per tutti il monito. «Noi non siamo asini, siamo forse gente importante, che parla diverse lingue, che conosce molte strade, che frequenta personaggi famosi, che sa compiere imprese memorabili. Però io, per conto mio, sarei lieto di continuare la missione dell’asino di Efraim, a servizio della mansuetudine, a consolazione dei tribolati, per la gioia dei bambini, per portare a casa chi è cieco e si è perduto».
Alla fine della Celebrazione, ancora «un incoraggiamento a vivere intensamente la giornata di sant’Ambrogio affinché continui a benedire la nostra Chiesa Ambrosiana». E, nella Festa dell’Immacolata guardando a Maria, l’invito è a «sentire a quale altezza siamo chiamati. L’8 dicembre è anche il giorno dell’Adesione all’Azione Cattolica. Vorrei che molti partecipassero e si associassero all’A.C. perché sentiamo il bisogno di un laicato formato a un profondo senso ecclesiale per poter essere presente negli ambienti di vita a dare testimonianza; essere presente nella comunità cristiana con una sapienza che sia consiglio, collaborazione, corresponsabilità. La festa dell’Adesione è un occasione per dare vigore a questa Associazione così meritoria e importante».