Sabato 10 settembre alle 10.30, nella basilica di Sant’Ambrogio, l’arcivescovo Mario Delpini presiede la celebrazione per la professione perpetua di suor Edvania da Silva dos Santos e suor Patrizia Ponzetta, che pronunceranno il loro “sì” definitivo davanti alla comunità diocesana (leggi qui), accompagnate da un’espressione di San Paolo: «Tutto concorre al bene di coloro che sono stati chiamati» (Rm 8, 28).
Suor Edvania delle Suore Missionarie di Gesù Redentore, originaria di Salvador Bahia, nel nord est del Brasile, è una donna dal cuore caldo. Primogenita di 4 figli, 37 anni, una laurea in psicologia conseguita nel suo Paese, a Milano ha studiato due anni Scienze religiose presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. Per seguire la sua vocazione ha lasciato il Brasile sei anni fa.
Com’è nata in lei la vocazione religiosa?
Ho conosciuto le Suore Missionarie di Gesù Redentore attraverso suor Adele, una missionaria italiana che era in Brasile da 23 anni, grazie al mio parroco. Ho collaborato con lei 8 anni, accoglievamo i figli dei detenuti, quindi mi sono accostata a quella realtà. Mentre facevo discernimento vocazionale e maturavo la scelta di vita consacrata, come educatrice mi dedicavo a questi ragazzi che avevano la mamma o il papà in carcere.
Ma qual è il vostro carisma?
È quello di testimoniare Gesù crocifisso e risorto, che riconcilia e dona vita nuova, attraverso il servizio agli adolescenti in difficoltà. Io mi sono innamorata di questo carisma, sentivo fortissima nel mio cuore la chiamata e man mano ho maturato questa scelta. E sono molto felice.
Oggi qual è il servizio che svolge a Milano?
Da 6 anni, da quando sono arrivata in Italia, faccio l’educatrice in una comunità di pronta accoglienza che ospita ragazze in situazioni emergenziali. Il nostro compito principale è quello di accogliere le giovani in difficoltà. Da noi rimangono al massimo tre mesi, perché poi passano in una comunità educativa dove iniziano un percorso personalizzato.
Chi sono le ragazze che accogliete?
Quando arrivano da noi hanno alle spalle situazioni disastrose, sono accompagnate dai Carabinieri, dai Servizi sociali, affidate dal Tribunale per i minorenni… Noi rispondiamo all’emergenza. Sono quasi sempre vittime che hanno subito maltrattamenti o abusi in famiglia oppure altre situazioni pesanti. Ospitiamo ragazze dai 13 anni ai 18, ma abbiamo comunità che accolgono anche maggiorenni. Sono soprattutto straniere, ma arrivano anche italiane.
Cosa significa oggi per lei questa scelta di consacrazione perpetua?
Accogliere l’amore che il Signore ha donato a tutti. Attraverso la scelta di vita consacrata e a questo amore che salva, trasforma, dona vita nuova, io ho trovato il modo di fare della mia vita un dono per gli altri. Ogni volta che incontro una ragazza in difficoltà, la accolgo pensando a Gesù che ha accolto tutti, in particolare i poveri, gli ultimi della società. Per me ogni ragazza è un grande dono. È una luce che si accende nel mio cuore.
Che cosa ha lasciato nel suo Paese?
Ho lasciato la mia famiglia, i miei amici, gli affetti. All’inizio è stato difficile, ma adesso – anche se sono dall’altra parte del mondo – sento che non è cambiato nulla, l’amore rimane. E questo per me è grandioso. Poi il Signore ci dà il centuplo, io lo sperimento ogni giorno nella mia vita e nella scelta di dire a Dio il mio “sì” definitivo.