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Testimonianza

Educatori sanitari, servono più investimenti pubblici

Secondo Andrea Gillerio, presidente del Filo di Arianna, questa è la soluzione per una carenza di personale dovuta a rigidi criteri di formazione e accreditamento e a mancanza di motivazioni

di Stefania CECCHETTI

3 Luglio 2022
educatori sanitari

La carenza di personale educativo è un problema sempre più pesante per Andrea Gillerio, presidente del Filo di Arianna, cooperativa sociale facente parte del Consorzio Farsi prossimo promosso da Caritas ambrosiana, che si occupa nel territorio milanese di servizi sanitari e socio-sanitari, soprattutto nel campo della salute mentale di adulti e, recentemente, anche di ragazzi: «La difficoltà a reclutare personale in ambito educativo è diffusa – spiega Gillerio -, ma si sente ancor più nel nostro settore, nel quale i criteri di accreditamento ci impongono di impiegare solo laureati alla Facoltà di Medicina con la specializzazione in Educatore sanitario».

Come fa notare Gillerio, la carenza di personale non riguarda però solo gli educatori, ma tutto il personale: «La situazione è grave soprattutto per quanto riguarda gli infermieri, ormai introvabili. Va meglio con gli operatori socio-sanitari, ma è comunque difficile trovare persone con l’esperienza e un livello di motivazione adeguato per un ambito un po’ speciale com’è quello della salute mentale, che richiede competenze relazionali particolari».

Quali le cause di questa situazione? «Ci sono motivi legati alla contingenza Covid – spiega Gillerio -, soprattutto per il personale infermieristico, che in molti casi è stato assorbito dalle strutture pubbliche e dalle unità vaccinali, negli ultimi due anni in grave sofferenza di personale. C’è poi una causa più “strutturale” che risiede nella carenza formativa nell’ambito di queste professioni. E qui non possiamo non interrogarci sul senso che hanno ancora oggi le barriere di accesso alle facoltà di tipo sanitario. Il sistema formativo dimostra di avere un’inerzia che non recepisce i bisogni del mercato».

A questo bisogna aggiungere, secondo Gillerio, un problema motivazionale: «Le professioni sanitarie comportano molti anni di studio duro e una carriera nella quale non si prevedono grandi soddisfazioni economiche. Tanto più in ambito sociale: il nostro contratto collettivo di lavoro è definito su criteri nazionali e ha retribuzioni tra le più basse per le professioni a cui si accede per laurea. La tentazione di scegliere occupazioni più remunerative per un giovane è molto forte».

La soluzione, secondo Gillerio, passa necessariamente da maggiori investimenti da parte delle pubbliche amministrazioni: «Una scelta obbligata soprattutto nell’epoca post-pandemia, che ha visto esplodere le difficoltà a livello psichiatrico, in particolare tra gli adolescenti. Una vera e propria emergenza».

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