Organizzare le attività dell’oratorio. Formare i volontari. Conoscere i problemi dei ragazzi e accompagnarli nelle difficoltà di ogni giorno. È il lavoro dell’educatore professionale, che affianca i volontari (soprattutto adolescenti e universitari) durante l’anno e nell’oratorio estivo. «Il primo obiettivo è quello di formare gli educatori per aiutare la comunità a camminare con le proprie gambe», racconta Luca Zazzera, educatore di Lainate, che lavora per la cooperativa Pepita. Se prima della pandemia, infatti, si poteva andare avanti solo con la buona volontà, oggi la situazione è cambiata: «Adesso è diventato ancora più importante saper entrare in relazione con i ragazzi. E se da un lato gli anziani non sempre riescono in questo, a causa della differenza di età, dall’altro i ragazzi faticano a confidarsi con chi li conosce da tempo: per aprirsi è meglio una figura giovane e nuova, mai conosciuta prima». Con il distanziamento imposto dalle regole anticontagio è diventato fondamentale anche far rete sul territorio. Comuni, associazioni che operano in campo educativo, movimenti ecclesiali devono sempre più fare unità. «Lavorare insieme è ormai indispensabile per essere punti di riferimento per le famiglie – aggiunge -. Per questo è giusto che sia presente in oratorio una figura formata». Anche se gli ambiti di studio degli educatori professionali sono i più svariati: dalla psicologia alla musica, dall’arte alla pedagogia. «Io, per esempio, sono musicoterapeuta – precisa – e per questo ho avuto l’idea di mettere a disposizione le mie competenze per attivare uno sportello gratuito per genitori e figli: la situazione che stiamo affrontando infatti non è semplice e non tutti possono chiedere un supporto psicologico». E poi con un educatore professionale gli oratori possono facilmente attivare in anticipo le loro iniziative, perché possono affidarsi alle capacità gestionali di chi fa questo lavoro per mestiere.
Dello stesso avviso Sara Papasodoro, educatrice di Rho: «Da diversi mesi lavoro a Quarto Oggiaro, all’inizio nella parrocchia di Santa Lucia e poi anche nelle altre. Per me essere educatrice in oratorio è un valore aggiunto, perché significa portare avanti un progetto di crescita che si radica nella fede. Mi fa piacere essere lì in questa veste e stare in contatto con preadolescenti e adolescenti». Certo, la pandemia e i continui cambi di colore delle regioni non permettono ai ragazzi di stare insieme in presenza e questo incide un po’ sulla partecipazione alle attività. Alcuni hanno bisogno di sostegno e frequentano la scuola, altri sono impegnati nella didattica a distanza. «Il lavoro con i ragazzi è cambiato. Qualcuno si è un po’ perso, qualcun’altro invece l’abbiamo recuperato. La situazione peggiore è la zona rossa,perché, senza la relazione diretta, si può rimanere in contatto solo attraverso i dispositivi elettronici. E spesso i ragazzi, con tutte le difficoltà che già hanno per frequentare le lezioni scolastiche a distanza, non hanno voglia di mettersi davanti al pc anche nel tempo libero», aggiunge. Anche perché spesso hanno a che fare con tecnologie obsolete, lente o con poca memoria.