Aprendoci all’inizio del Terzo millennio, noi uomini e noi donne dell’era delle grandi conquiste scientifiche e tecnologiche pensavamo di aver trovato la soluzione di tutti i nostri problemi e di tutte le nostre aspettative.
Dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle del 2001 e dopo la crisi finanziaria del 2008, c’è voluta la pandemia del Coronavirus del 2020 per svegliarci dalla nostra incoscienza, dalla nostra presunzione e dal nostro individualismo.
Questo virus, che sta coinvolgendo ogni abitante della terra, rompe le nostre certezze, tramortisce le nostre vite e ribalta la nostra storia. Tutti gli ambiti personali e comunitari, tutti gli ambiti filosofici e religiosi e tutti gli ambiti politici ed economici sono stati coinvolti.
È un paradosso, ma è vero: la pandemia del Coronavirus ha messo in evidenza, in un modo più intenso del solito, il fatto che tutta la realtà, terrena e umana, nei suoi molteplici aspetti, è una relazione, è una reciprocità, è un’interazione.
Dobbiamo renderci conto che l’unico modo di uscire da questa pandemia è proprio la riscoperta della reciprocità, il senso dell’appartenenza, la comunità, il sentirci parte viva di qualcosa di più grande, di cui prenderci cura e che si può prendere cura di noi.
Il travaglio drammatico, che stiamo vivendo in questi giorni, può diventare una grande opportunità se lo vogliamo a tutti i livelli. Evidentemente, da parte di tutti, a partire da ciascuno di noi, dobbiamo mettere in atto un cambio di paradigma.
È urgente compiere una svolta eco-sociale: la cura dell’ambiente, delle persone, della società, dell’economia, della salute, della cultura e della fede deve essere “presa in carico” da ogni abitante della terra con consapevolezza e corresponsabilità.
Suggeriamo – uso il “noi” perché quello che sto per indicare è stato condiviso da alcuni cristiani e da alcuni non credenti – alcune piste di impegno:
1 Riscopriamo la politica come ricerca del Bene Comune nei suoi molteplici aspetti. Ci può essere di aiuto la Dottrina sociale della Chiesa.
2 Impegniamoci ad attuare un’ecologia integrale come è stata indicata in un modo coraggioso e profetico da papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si’. Sostenendo gli ecosistemi e riducendo al massimo gli allevamenti intensivi, arriveremo a ridurre le probabilità di contatto e trasmissione di agenti patogeni tra esseri umani, bestiame e fauna selvatica. E soprattutto, praticando uno stile di vita ecologico da parte di tutti (individui, famiglie, nazioni…), faremo l’esperienza stupenda di percepire la terra come la “nostra casa”.
3 È urgente, poi, tutelare, sostenere e allargare la sfera dei beni pubblici: sanità (personale, prevenzione, terapie, superamento delle diseguaglianze…); educazione (scuola, università e ricerca devono raggiungere i livelli dei Paesi come Francia e Germania…); industria (un agenzia nazionale pubblica a difesa della produzione e dell’occupazione…) e agricoltura (sostegno educativo ed economico per una vera cultura della terra italiana…).
4 È indispensabile mettere in atto i presupposti perché tutti paghino le tasse giuste; perché chi ha grandi patrimoni sia disponibile a devolverne una parte alla comunità per sostenere i più deboli; perché si arrivi a una radicale riduzione delle spese militari (a cominciare dal 25%), sapendo che oggi non ha più senso la corsa agli armamenti (facciamo parte della stessa famiglia umana!); perché cresca sempre più la solidarietà effettiva e responsabilizzante tra gli Stati europei e tra tutti gli Stati del mondo (Onu e tutti gli altri organismi non siano più istituzioni formali!).
5 È salutare, inoltre, che ci sia un’informazione e una formazione adeguate perché ogni cittadino abbia la capacità di discernere e di verificare le varie informazioni per neutralizzare le false notizie e per orientare tutti a una conoscenza vera e responsabile, in modo che tutti siano soggetti della fraternità mondiale.
6 Escludendo alcune eccezioni di violenza interpersonale nelle abitazioni, il fenomeno del Coronavirus ha portato anche un avvicinamento tra le persone, dettato molto spesso dalla paura o dal bisogno. Siamo sollecitati perché questa ripresa di prossimità si approfondisca con la consapevolezza che facciamo parte della stessa famiglia umana.
7 Infine, è provvidenziale che chi crede in Dio e soprattutto i cristiani siano chiamati a essere “l’anima del mondo”, non nella dinamica del proselitismo, ma della testimonianza, a un impegno fattivo e continuativo della giustizia, della pace e della custodia del creato. Il nostro essere i primi in questa missione porterà molti a chiedersi: «Chi te lo fa fare?». E allora risponderemo annunciando l’Evangelo: la buona e lieta notizia, che Dio Padre ha tanto amato l’umanità da offrirci suo Figlio per darci la possibilità con il dono dello Spirito Santo di essere suoi figli e tra di noi fratelli.