«Tutti coloro che hanno conosciuto don Simone ne hanno ricevuto parole sapienti, sorrisi incoraggianti, testimonianza di intensa vita di preghiera. Il suo morire è rivelazione: ciascuno ora capisce meglio quella parola, torna alla memoria con inedita incisività quel momento vissuto insieme, quella prossimità gentile, quella fraternità semplice e intensa. Proprio il suo morire incide più profondamente la sua testimonianza in coloro che l’hanno conosciuto». Così l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, nell’omelia (leggi qui il testo integrale) pronunciata durante i funerali di don Simone Vassalli – il 39enne sacerdote ambrosiano morto improvvisamente domenica scorsa -, presieduti questa mattina nell’oratorio San Luigi di Biassono.
La maledizione
L’Arcivescovo ha avviato la sua riflessione con un’espressione veemente legata al momento della morte in croce di Gesù: «Morte, io ti maledico!». «Spietata» perché insensibile a lacrime e preghiere; «vigliacca», perché inaspettata; «stentata», perché non giunge quando è invocata; «bugiarda», perché dà l’impressione di essere mandata da Dio; «prematura», perché lascia vuoti apparentemente incolmabili; «improvvisa», perché non consente neppure un saluto: così l’Arcivescovo ha definito la morte, con riferimento anche alle circostanze della repentina scomparsa di don Vassalli.
Ma «il grido estremo» di Gesù sul Calvario «dichiara la sconfitta della morte, apre i sepolcri, inaugura la speranza invincibile». Così «la morte è annientata» e «ai figli di Dio è data la vita eterna». L’onnipotenza di Dio «trae anche dalle tenebre orrende della morte una nuova luce», «il grido che maledice la morte è nuova rivelazione» e la maledizione costringe la morte «a spalancare le tombe». Ecco allora che il morire, anche quello di don Vassalli, «diventa rivelazione».
Un messaggio di speranza
«Don Simone ha svolto bene il suo ministero, è stato circondato da stima e apprezzamento da tutti coloro che l’hanno incontrato», ha sottolineato l’Arcivescovo, ricordando i luoghi in cui il sacerdote ha vissuto e operato: Masate, l’Università, il Seminario, la Comunità pastorale di Biassono, Macherio e Sovico… Ma ora «anche coloro che non l’hanno incontrato, proprio per il suo morire così, ne sentono parlare» e «forse sono raggiunti da una commozione incomprensibile». Allora la morte di don Simone può far giungere «un messaggio di speranza… Il velo si squarcia e la luce si fa più intensa».
«Nessuno dica che Dio ha voluto la morte di don Simone, perché Dio maledice la morte e non c’entra nulla con la morte e colui che della morte ha il potere – ha ribadito monsignor Delpini -. Tutti, però, lasciamoci scuotere dal grido estremo del Figlio». La morte è sconfitta e nel mostrare questa sconfitta ecco «la nuova definitiva rivelazione».
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