Usa il termine incredulità per spiegare le emozioni di questi primi giorni dopo la nomina, da parte dell’Arcivescovo, a nuovo responsabile della Fondazione degli Oratori Milanesi e del Servizio per l’Oratorio e lo Sport dell’Arcidiocesi di Milano. È don Stefano Guidi, che dal 1° settembre succederà a don Samuele Marelli, anche nel ruolo di consulente ecclesiastico del Centro Sportivo Italiano di Milano. «Sì, proprio incredulità – ripete don Stefano – perché non mi aspettavo certamente una cosa come questa, che mi ha lasciato molto sorpreso. L’altra emozione forte che sento in questo momento è la trepidazione di fronte alla responsabilità che mi assumo, nonostante in parte conosca il lavoro grande che la Fom svolge normalmente e il servizio che ha compiuto in questi anni per la Diocesi. Poi, naturalmente c’è anche la sofferenza umana rispetto all’idea di lasciare la Comunità pastorale Casa Betania di Agrate Brianza dove mi trovo. Direi che è un mix di sentimenti e di emozioni diverse tra di loro che cerco di sostenere e comprendere giorno per giorno».
L’esperienza “sul campo” in oratorio fa parte del bagaglio di un prete di 37 anni, ordinato nel 2007, quindi giovane. Inoltre la Comunità pastorale dove è impegnato è molto popolosa. Può essere questa la ragione della scelta venuta dall’Arcivescovo?
Sicuramente, penso che anche questo abbia avuto un suo peso. L’oratorio di Agrate ha una tradizione molto forte: nell’arco di questi ultimi cinquant’anni ha sempre avuto coadiutori assai capaci che hanno stimolato davvero tanto la comunità giovanile. Anche gli altri due oratori dove sono impegnato – quelli di Caponago e di Omate – sono realtà molto differenti tra loro, ma entrambe assai positive. Così, negli anni, ho potuto maturare un’esperienza utile e articolata.
In questi giorni sta continuando a vivere l’oratorio estivo?
Sì, felicemente. Nell’insieme dei tre oratori seguo circa 700 ragazzi. Agrate ne ha in numero maggiore, poi seguono, a livello di presenze, gli altri due. Senza dimenticare i 150 animatori, cui si aggiungono tutti i collaboratori e i volontari. Un impegno pieno, che dà gioia e realizza la persona.
Proprio sulla scorta di questa conoscenza del mondo oratoriano, su quali temi bisognerebbe insistere maggiormente per realizzare al meglio questo fondamentale strumento educativo e di vera evangelizzazione?
L’oratorio, come ho constatato in questi 10 anni, continua a essere un luogo frequentato, una realtà che, proprio per la capacità di adattarsi ai diversi bisogni e alle complesse esigenze dei ragazzi come pure delle famiglie, ha notevoli potenzialità. È difficile dire cosa si possa fare di più. Senza dubbio, l’oratorio si muove nella prospettiva di una educazione alla crescita umana che viene proposta ai ragazzi, ai giovani e anche alle famiglie, in senso lato. Forse bisognerebbe partire da una maggiore consapevolezza di questo e di quanto tale esperienza sappia offrire, direi in modo singolare. Mi pare importante sottolineare come in oratorio si possano trovare una pluralità di proposte positive e costruttive.
Forse è un poco presto, ma c’è già un sogno da realizzare nel nuovo ruolo e, comunque, come prete impegnato sul fronte giovanile? Qualcosa su cui lavorare nel futuro?
È un po’ presto per parlare di sogni. Devo dire, però che ciò che ho sperimentato in questi anni è la facilità con cui i giovani maturano un interesse direi missionario, verso le parti del mondo più colpite da ingiustizie e povertà. Se dovessi esprimere un desiderio – diciamo così, immediato -, è questo: che l’oratorio possa crescere nel suo essere ambito e luogo privilegiato in cui un ragazzo matura questa sensibilità e quest’attenzione al mondo in cui vive. Non dimentichiamo che l’esperienza dell’incontro con Gesù porta ad aprire lo sguardo sul mondo in modo più serio, partecipato, impegnato e coinvolto. Come realizzare questo sogno… lo vedremo.