Non c’è voglia di parlare, come è giusto che sia quando il dolore è tanto grande che le voci risuonano solo nella preghiera, e gli occhi, specie tra i ragazzi che vestono le magliette dell’oratorio San Luigi, sono pieni di lacrime. La Bovisa, con la sua Comunità pastorale Gesù Buon Pastore, vive così – in una mattina triste, ma colma di speranza cristiana – la celebrazione per le esequie di don Graziano Gianola, morto tragicamente in Trentino lunedì 12 luglio, mentre era in gita con i “suoi” ragazzi. Gli stessi che idealmente lo ricordano, parlandogli direttamente: «In punta di piedi incontravi, abitavi l’altro, le nostre case, le nostre piazze, i momenti di gioia e di dolore, le nostre vite». Il Vescovo ausiliare monsignor Luca Raimondi presiede il rito nella chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio gremita, con molti parrocchiani che seguono all’aperto, negli spazi oratoriani e in strada.
Il messaggio dell’Arcivescovo
Dalla mamma con i fratelli, sorelle e nipoti giunti da Premana e seduti nelle prime file, agli oltre 30 sacerdoti che concelebrano – tra cui il parroco don Renato Bacchetta, i sacerdoti della Comunità pastorale, l’abate di Sant’Ambrogio monsignor Carlo Faccendini, il decano di Affori don Tommaso Castiglioni, tanti compagni di Messa e presbiteri amici – per arrivare ai fedeli di tutte le età, stretti intorno alla bara adagiata a terra, tra i fiori, ai piedi dell’altare maggiore, il sentimento diffuso è quello cui dà voce il messaggio dell’Arcivescovo, letto dal Decano.
«Desidero condividere la preghiera di suffragio e di riconoscenza di coloro che hanno conosciuto, amato e stimato don Graziano Gianola. Lo ricordiamo così: dedito ai giovani, vigoroso e forte, amico delle cime in cui la terra tocca il cielo». Non manca un pensiero del cardinale Scola, che celebrerà anch’egli una Messa oggi per don Graziano e che scrive: «Prendo parte al dolore dei familiari, del presbiterio e della Diocesi, ricordando la sua dedizione ai ragazzi e ai giovani».
Il ricordo del parroco
Il ricordo del parroco si fa dialogo diretto e commosso con il suo vicario, tornato alla casa del Padre troppo presto, a soli 47 anni: «Don Graziano, sei tornato in questa chiesa dove domenica hai celebrato l’ultima Messa. Avevi detto che la battaglia più grande è vincere il male e tutto quello che spegne la nostra umanità per avere nel cuore la vera pace che permette di uscire di casa a testa alta. Il dolore ci lascia ancora sbigottiti, ma ogni volta che entro in sacrestia mi sembra di rivederti e mi viene da pensare che ora non lascerai più l’oratorio della Bovisa. Rimani come un santo protettore: la Bovisa ti appartiene e tu le appartieni».
L’omelia
Poi, l’aspersione e l’incensazione da parte di monsignor Raimondi, che nell’omelia dice: «Non voglio varcare la soglia del ricordo di don Graziano che conservano, come tesoro geloso, le persone che lo hanno amato. Voglio solo ricordare un piccolo aneddoto: qualche mese fa mi telefonò e, sapendo della mia amicizia con il suo parroco don Renato, volle invitarmi a fare una sorpresa per i festeggiamenti del suo 40° di Messa. È solo una piccola tenerezza che dice però l’animo: dentro la fraternità del presbiterato era capace di essere custode dell’amicizia».
Ma, al di là dei ricordi umani, ciò che deve parlare – sottolinea il Vescovo – è la parola di Dio, anzitutto quella della prima lettura tratta dal Vangelo di Luca al capitolo 22: «Graziano voleva un amore grande per il quale vivere e, se necessario, anche morire. Ha trovato nel servizio al Signore l’incandescenza di un amore che si rinnova continuamente. Ha desiderato essere servo, come Gesù, della gioia degli altri. Ed è per questo che è diventato don Graziano. Ha scelto di diventare prete per mettersi a servizio di una gioia che non teme nulla, di una gioia che non rincorre facili scorciatoie. E tutti noi sappiamo che don Graziano, questa missione, l’ha vissuta fino in fondo. Era contento di essere prete: che bello se qualche ragazzo e giovane di questa comunità prendesse il suo posto nel servire il Signore e la Chiesa».
Poi, il riferimento alla pagina di Matteo 27: «Nel momento della morte di Gesù si fa buio su tutta la terra e Gesù squarcia il buio con un grido. La morte improvvisa e tragica di don Graziano ci fa sentire l’eco di questo grido di disperazione. Non possiamo tacere questa realtà, eppure questo grido, per noi discepoli di Gesù, non può essere solo disperato. Così anche don Graziano vorrebbe che la sua morte, pur nella tristezza, ci aiutasse a confidare in un amore che squarcia le notti buie della nostra esistenza. Don Graziano ha scelto di vivere così: ha considerato tutti amici per i quali donare la sua vita. E ora, ne sono certo, prega per ciascuno di noi perché impariamo a fidarci di un amore che squarcia ogni timore e ogni angoscia e ci chiama a uscire dai sepolcri delle nostre tristezze».
Infine, nell’ultimo brano di Vangelo, quel «Pace a voi» del Vangelo di Giovanni: «Noi siamo qui a pregare perché il Signore lo accolga nella sua pace. È stato ricordato in questi giorni che quando don Graziano recitava la preghiera di suffragio per qualcuno, invece di dire “L’eterno riposo dona a lui o Signore”, pronunciava “L’eterna gioia dona a lui o Signore”. Non so se un montanaro scalpitante come lui saprà stare “in pace” in paradiso, ma certamente sarà nella gioia; finalmente vedrà Gesù faccia a faccia».
Le testimonianze
Un’invocazione e una fiduciosa speranza che monsignor Raimondi esprime con le parole del famoso Ballo dell’obbedienza di Madeleine Delbrêl. E, in fondo, le espressioni di questa grande donna di Dio, sono gli stessi che, in un oratorio della periferia metropolitana, hanno vissuto Paolo, amico di don Graziano impegnato in oratorio, che ne ricorda «il sorriso e la voglia di stare con noi» e Marina che, avvicinandosi alla cassa, tocca con delicatezza la casula bianca di don Graziano che pare coprirne i resti terreni come segno della certa risurrezione.
Al termine della Messa, ancora pensieri commossi come quelli letti da un ragazzo a nome dei tanti coetanei che hanno mandato i loro messaggi presto riuniti in un libretto. «Caro don probabilmente passerà molto tempo prima di credere davvero che non sei qui tra noi: lasci un vuoto incolmabile». «I nostri occhi di persone – aggiunge uno dei fratelli del sacerdote scomparso, a nome della famiglia – non riescono a capire cosa sia questa tragedia, ma la nostra fede può aiutarci a comprenderla. Ci crediamo fermamente e vi diciamo un grazie immenso. Se noi ricordiamo quel sorriso è anche per merito vostro». L’invito finale che viene dal parroco è a contribuire a un progetto che stava a cuore a don Graziano e per il quale lui stesso aveva voluto devolvere i proventi del suo ultimo libro: un progetto di ricerca su una rara malattia, la atassia da mutazione della neurofascina, di cui sono affetti – caso unico al mondo – due suoi cugini.
Il breve canto, caro alla gente di montagna Amici miei, venite qui, intonato dal fratello e fuori dalla chiesa una melodia oratoriana ritmata dal battimano dei giovani, salutano don Graziano che verrà tumulato nella natia Premana dopo la celebrazione presieduta domani dall’Arcivescovo.