«Il mondo universitario, imprenditoriale, della cultura, insieme alla Chiesa ambrosiana elaborino e avviino un modo di pensare che aiuti a costruire quel pensiero condiviso che permette di trasformarsi in cultura e quindi di costruire il futuro di una città». Così monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale della Diocesi, presenta i Dialoghi di vita buona, nati da un’intuizione del cardinale Scola e del filosofo Massimo Cacciari e proposti ai mondi vitali milanesi per ripensare la città e delineare un futuro di speranza. Una Chiesa che promuove una piazza, un luogo di confronto, per gettare un seme nuovo nella società. Quest’anno il tema è quello dei Confini. Primo appuntamento il 24 novembre sulle migrazioni.
Cosa sono i Dialoghi di vita buona?
Come chiede il cardinale Scola sono un processo che deve portare tutti i principali soggetti collettivi di Milano, quelli che sono preoccupati del bene di questa città, a lavorare sempre più insieme per costruire una lettura condivisa del momento di trasformazione e dell’epoca di transizione che stiamo vivendo. Perché il rischio è che ci siano tanti che fanno la diagnostica del tempo presente, ma in realtà si sviluppano discorsi frammentati. Così non si genera quel soggetto collettivo che è la metropoli capace di prendere in mano il suo futuro e di crescere in umanità, di sviluppare il suo bene comune.
In questo progetto quale ruolo giocherà la Chiesa ambrosiana?
La Chiesa ambrosiana si è immaginata come soggetto che ha chiamato a raccolta queste persone. Vuole avviare un processo, che sono i Dialoghi di vita buona, di cui non vuole essere la responsabile. Infatti la responsabilità di tutto il percorso è in mano al Comitato scientifico, perché sia il più possibile condiviso e collegiale. Quello che interessa non sono solo i sei eventi centrali che organizzeremo in questi due anni pastorali, ma il percorso di avvio e poi di ricaduta di questi eventi, che devono suscitare un dibattito sempre più condiviso all’interno dei vari mondi che il Comitato scientifico è riuscito a radunare intorno a un tavolo. Si tratta quindi non semplicemente di sviluppare un pensiero, ma di aiutare ad accedere a un pensiero collettivo.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratta dell’ennesima serie di convegni. C’è questo rischio?
Questo rischio c’è, lavoreremo per evitarlo. Il rischio è effettivamente che siano solo parole, se il discorso che verrà sviluppato sarà condiviso da pochi. Invece lo si supera quanto più questo discorso diventerà condiviso da tutti; quanto più le parole che verranno pronunciate per leggere il cambiamento saranno parole che le persone sentono come vere, cioè capaci di interpretare il loro vissuto, e di mostrare il futuro dentro la situazione che vivono, quindi di generare in loro speranza. Si affronteranno questioni dalle quali la gente oggi si sente toccata nella propria carne, nella propria individualità. Il tema dei confini, riguardo all’immigrazione, al corpo, maschio/femmina, vita/morte; riguardo alla vita sociale, al bene comune.
Dunque, la Chiesa ambrosiana si fa promotrice di un dialogo, promuovendo una piazza nella quale confrontarsi…
Da questo punto di vista la Chiesa ambrosiana continua la sua tradizione. Da Ambrogio in qua la presenza del cattolicesimo a Milano ha sempre lavorato per costruire il bene della città e il suo futuro. In questo momento di forte cambiamento ad esempio nei migranti, nel dialogo interreligioso, nelle nuove povertà, nelle grandi sfide che le nuove frontiere della cultura pongono sia quella scientifica sia quella quotidiana tramite i nuovi media, la Chiesa sente il bisogno, ma anche la sfida di vivere questo suo compito di lavorare per il bene della città e di spronare tutti a impegnarsi in questo senso.
Anche grazie ai mesi di Expo Milano sta ripensando se stessa. I Dialoghi potrebbero essere un contributo ulteriore per proseguire nel cammino di progettualità nuova?
I Dialoghi di vita buona non a caso si pongono alla fine di Expo e vogliono essere in parte l’eredità, continuare la riflessione su che cosa nutre la vita. Allo stesso tempo, si pongono in aperta continuità con il Convegno ecclesiale della Chiesa italiana di Firenze, che ha come tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”: come lavorare per essere pienamente uomini e donne in un futuro che è già presente, in un mondo che cambia.
Le istituzioni culturali, le università, i mondi vitali hanno accettato di buon grado questa proposta?
Il cardinale Scola ha lanciato questa proposta speranzoso. In effetti su questo ha avuto ragione, perché la risposta è stata quasi totale. I pochi che non sono riusciti a rispondere positivamente era per sovraccarico di impegni. Si è vista una città che davvero vuole coltivare questa cultura del confronto e lo vuole incrementare. Già questo è un bel segno di speranza e di futuro.