«Lealtà, fierezza e rispetto». Queste le raccomandazioni che l’Arcivescovo ha lasciato ai tanti ragazzi riuniti nell’oratorio di San Giorgio in Dergano presso la parrocchia di San Martino, per un derby di calcio molto speciale, quello tra i padroni di casa del San Giorgio e il Real Affori. Partita di ragazzi, come altre migliaia che animano lo sport di base nei week-end, ma che per l’occasione ha potuto contare su un calcio d’inizio veramente d’eccezione, appunto quello dell’Arcivescovo.
L’iniziativa
Accolto dal parroco don Mario Garavaglia, dalla locale diaconia, dal presidente del Csi-Milano Massimo Achini, dal direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti e da quello della Fom don Stefano Guidi, da allenatori, educatori, genitori, ragazzi e tifosi, l’Arcivescovo si è così unito alle altre migliaia di ambrosiani che, per un intera settimana, dall’8 al 14 maggio, in tutta la Diocesi hanno partecipato all’iniziativa #mettiamoincampolapace. Coinvolte nel progetto 1.158 competizioni, per un totale di 2.316 squadre interessate in ogni categoria di disciplina ed età, con adesioni anche internazionali provenienti dalle missioni del “Csi per il Mondo”, come ad esempio dallo Zambia.
Una proposta appunto del Csi, di Caritas e Fom, realizzata per sottolineare, con un ulteriore gesto simbolico, la richiesta di pace già venuta dall’Arcivescovo con il suo appello sottoscritto, durante la Quaresima, da oltre 50 mila persone (leggi qui). In questo caso, a immortalare gli eventi non firme, ma fotografie (che stanno inondando in questi giorni i social) di adulti e piccoli, con disegnati sul volto i colori o i simboli di pace, come è accaduto nell’oratorio di Dergano. Dove i ragazzini sono entrati in campo, tra i battimani e tanti scatti, seguendo l’Arcivescovo che, come a ogni avvio di partita degna di questo nome, aveva tra le mani il pallone, a cui ha dedicato le sue parole, definite «un inno» .
L’inno al pallone
«Corri, corri, corri pallone, raggiungi la meta: tutta la squadra rimane con il fiato sospeso, il pubblico guarda, acclama ed è gol. Ma il pallone, dopo il gol, viene riportato al centro e si raggiunge ancora la meta e può cominciare un altro momento della partita – ha spiegato l’Arcivescovo -. Giocare a calcio è come un inno alla pace perché dice che noi non viviamo per fermarci in un parcheggio, ma che abbiamo una meta da raggiungere, che tutto ci entusiasma ad avere la percezione che anche se si è in porta o in difesa, ognuno segna il gol, perché quando la squadra segna è un trionfo per ciascuno. Tutta la squadra è orientata alla meta come una giovinezza orientata a una terra promessa. Questo arrivare alla meta non è, però, sconfiggere un altro, ma è dare a tutti una possibilità e perciò la palla ritorna al centro e si può ricominciare».
«Questo è il gioco della vita – ha concluso -, il gusto di giocare insieme, poter sempre ricominciare, poter sempre considerarsi gente che gioca in squadre diverse, ma che è convocata per l’impresa comune che il pubblico possa divertirsi, acclamare, complimentarsi perché la metà è stata raggiunta, ma si possa poi essere amici come prima. Noi vorremmo che, in questo campo, questi giocatori così giovani fossero gli ambasciatori della pace». «Ambasciatori» che, con i loro volti dipinti di gioia e allegria, non hanno perso un minuto, infatti, per iniziare la partita, salutando l’uscita dal campo del coach don Mario tra l’entusiasmo dei presenti.
Leggi anche: