Chi è il discepolo amato
Per il discepolo amato un’ultima parola: «Ho fiducia in te. Ecco tua madre». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Il discepolo amato non ha un nome, perché è il nome di tutti coloro che credono in Gesù e lo seguono fino al compimento. La consuetudine lo identifica con Giovanni, ma l’evangelista non lo nomina in questa ora in cui l’amore giunge fino al compimento.
Il discepolo amato non ha nome perché è il nome di ciascuno, quindi il tuo nome, il mio nome.
Il discepolo amato si caratterizza solo per questo: è amato. E questo è tutto.
Del discepolo amato non si dice se sia giovane o vecchio, se sia bello o brutto, se venga da una storia di innocenza o da una storia di peccato, se abbia un carattere dolce o un carattere spigoloso. Non si dice se sia nato in Galilea o a Somma Lombardo. È il discepolo amato, come si può dire è una persona umana, che sia uomo o donna non è decisivo. Quello che si deve dire è che è amato.
«Vide lì accanto il discepolo che egli amava»
Vedendo il discepolo che egli amava sotto la croce, Gesù rivolge l’ultima parola, la parola della confidenza: «Ho fiducia in te».
La parola è sconcertante. Che cosa ha fatto il discepolo amato per meritare la fiducia di Gesù? Che cosa è capace di fare? Quale impresa ci si può aspettare da lui? Niente: solo è stato amato al punto da accogliere l’attrattiva di Gesù che, innalzato da terra, attira tutti a sé.
Ho fiducia in te. È la parola che Gesù rivolge anche a me, anche a te, a ciascuno dei discepoli che Gesù ama. Ho fiducia in te.
«Ma, Signore, io non ho combinato niente di buono!». «Tu sei qui, sotto la croce. Io ho fiducia in te!».
«Ma, Signore, io ho sbagliato tanto nella mia vita!». «Ho fiducia in te, tu sei qui sotto la croce».
«Ma, Signore, io non ho fiducia in me stesso, nessuno ha fiducia in me. Io non valgo niente». «Tu sei qui, sotto la croce. Io ho fiducia in te».
«Ma, Signore, io in tante giornate ti ho dimenticato, mi sono lasciato assorbire dai miei affari, dai miei amori, dai miei capricci». «Tu adesso sei qui, sotto la croce. Io ho fiducia in te».
«Ma, Signore, tu vedi come sono conciato. Gli altri mi considerano come un problema, io sono un peso per gli altri, sono un fastidio. Non posso lavorare, non posso fare niente di utile». «Tu sei qui sotto la croce, io ho fiducia in te».
«Ecco tua madre»
Gesù ha fiducia nel discepolo che egli amava e gli rivolge le parole della missione. In che consiste il testamento di Gesù? La missione consiste nell’accogliere la Madre. «Che cosa dobbiamo fare?», chiedono i discepoli inquieti, i discepoli preoccupati di come vanno le cose, i discepoli nostalgici di come le cose andavano una volta, i discepoli scoraggiati perché non contano niente in una società che non vuole accogliere l’insegnamento di Gesù, i discepoli delusi perché hanno seminato molto e non si vede nessun germoglio, i discepoli arrabbiati e risentiti perché dicono: questa situazione è colpa dei genitori, è colpa del Papa, è colpa del vescovo, è colpa dei preti, è colpa tua.
I discepoli, di qualsiasi umore siano, qualsiasi cosa abbia combinato, se stanno là sotto la croce si sentono dire: «Ho fiducia in te. Ecco tua madre».
Che cosa dobbiamo fare? Accogli la Madre, cioè forma la comunità dei figli che nascono non dalla carne e dal sangue, ma sono stati generati da Dio. Costruisci la comunità che pratica il mio comandamento. «Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
«Che cosa dobbiamo fare? Siamo rimasti pochi, siamo diventati vecchi, siamo fragili, siamo complessati». Una cosa devi fare, stare sotto la croce, lasciarti amare. Io ho fiducia in te: tu ama come io ho amato te.