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Percorsi ecclesiali

L’Avvento 2023 nella Chiesa ambrosiana

Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Meditazione

Isaia: «Nella città ostile il messaggero introduce il nome nuovo»

Nella predicazione in Duomo per la Domenica dell'Incarnazione l’Arcivescovo conclude la sua “intervista” al profeta, che al discepolo che gli chiede di parlare dell'annunciazione, rivela: «Non fa rumore, è piuttosto una confidenza, si presenta come la commozione di una dichiarazione d’amore»

di monsignor Mario DELPINIArcivescovo di Milano

17 Dicembre 2023

Il discepolo: «Parlaci della città, profeta. La figlia di Sion, un tempo casa di pace e di splendore, ora è desolata di violenze e di paure. Rachele piange i suoi figli. Il flagello del distruttore percorre le vie e riduce il popolo a una massa calpestata.
La città, la città infelice geme e non sa dove cercare rifugio. La città che era regina è diventata schiava. La città antica, la città nuova, la città: profeta, parlaci della città.
Come è avvenuto che la città sia diventata nemica dei cittadini?
I mercanti ammassavano la loro merce inaccessibile ai poveri; i gaudenti banchettavano nelle loro feste nelle tenebre. I prepotenti opprimevano gli impotenti e si vantavano di essere invincibili. I consiglieri consigliavano illusioni, hanno concluso un’alleanza con la morte, il flagello del distruttore. Dicevano: “Quando il distruttore passerà, non ci raggiungerà, ci siamo fatti della menzogna un rifugio e nella falsità ci siamo nascosti” (cfr Is 28,15).
Ecco, in città si è spenta la gioia. È stata invasa da un distruttore meno rumoroso dei nemici, ma più insidioso e spietato. Un nemico si è impadronito della città senza abbattere le sue mura, senza ingannare le sue sentinelle, senza sconfiggere il suo esercito: la tristezza della cattiveria, la meschinità dell’egoismo, la stupidità dell’idolatria.
Ecco, la città gloriosa è stata umiliata, la città desiderabile è diventata inaccessibile, la città splendida è diventata una desolazione».

Il profeta: «Ecco la parola del Signore: Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Nessuno ti chiamerà più abbandonata né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata (cfr Is 62,1ss).
Così potrà cominciare un tempo nuovo per la città amata, per l’annunciazione di un nome nuovo».

Il discepolo: «Il nome nuovo, il nuovo inizio comincia infatti con l’annunciazione. Uomini e donne camminano a testa bassa, non hanno più animo di guardare al cielo, non hanno coraggio per guardare l’orizzonte lontano. Lo immaginano infatti abitato da minacce, incendiato da guerre disastrose. Non hanno più sogni da sognare. Ed ecco risuona la tua parola profeta, il tuo cantico.
Parlaci dell’annunciazione».

Il profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo Salvatore. Con un nome nuovo sarà chiamato il popolo umiliato: si chiamerà “popolo santo”. Con un nome nuovo saranno chiamati coloro che sono stati umiliati per la loro giustizia e derisi nella loro fedeltà: saranno chiamati “redenti del Signore”.
L’annuncio del nome nuovo non fa rumore come la proclamazione dei potenti, non impone l’obbedienza spaventata come l’editto del re.
È, piuttosto, una confidenza; bussa alle case in cui abita il silenzio dell’attesa; cerca gente libera e pensosa che riconosce nell’annunciazione non una dichiarazione, non la narrazione di imprese altrui, ma piuttosto la vocazione, la propria vocazione.
Ecco l’annunciazione si presenta come un irrompere della gioia, come la commozione di una dichiarazione d’amore».

Il discepolo: «Come sarà dunque riconoscibile il messaggero, colui che porta il lieto annuncio se così discreta è la sua voce?».

Il profeta: «Si avanza con le vesti tinte di rosso».

Il discepolo: «Perché rossa è la sua veste e i suoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?».

Il profeta: «Non viene infatti da un mondo di favola, da una strada di sogni infantili, da un incanto di una terra incontaminata. Viene da una lotta che l’ha insanguinato, da una cattiveria che lo ha ferito, viene da una solitudine in cui è stato abbandonato. Nel tino ha pigiato da solo e del suo popolo nessuno era con lui. Così ha aperto la via, così ha scritto il suo annuncio nella città ostile, così ha introdotto il nome nuovo.
Per questa via chiama a seguirlo: passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo tra i popoli.
A caro prezzo è stato redenta la città, da una tragica storia arriva l’annunciazione di un nome nuovo, di una nuova gioia».

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