L’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, ha scritto una lettera (qui il testo integrale) in risposta ai giovani che gli hanno consegnato la loro “Regola di vita” in occasione della Redditio Symboli del 21 ottobre scorso, nel contesto della Veglia missionaria diocesana (leggi qui).
La lettera è strutturata in tre diverse parti, ciascuna delle quali è introdotta da un titolo riassuntivo del suo contenuto: «Una proposta accolta»; «Una vita “scritta”»; «Solo insieme è possibile».
La proposta di scrivere la “Regola di vita” viene fatta a ciascun giovane dal suo sacerdote o educatore/educatrice. Ricevere una tale proposta, scrive l’Arcivescovo, significa essere «una presenza attesa, una persona interessante»; accoglierla vuol dire riconoscere «che c’è un aiuto a vivere questo tempo della giovinezza» e che tutti «viviamo di una vita ricevuta», che è «un dono, perché viene da Dio; fragile, perché ci sono tante incertezze; promettente, perché il bene proposto risulta attraente e possibile».
L’Arcivescovo prosegue sottolineando che «scrivere di una “vita regolata” rivela la possibilità di dare ordine al disordine»: condizione imprescindibile «per mettere a frutto i talenti e dare compimento alla vocazione». Ricorda poi a ciascun giovane che la “Regola di vita” va riletta e riscritta con il passare del tempo e soprattutto «può diventare vita solo insieme»: insieme con Gesù; insieme con la comunità; insieme con chi può esserci guida (un sacerdote, una persona consacrata, un educatore o educatrice).
La lettera si conclude con l’auspicio che la Redditio Symboli, andando al di là dell’evento in sé, possa continuare «a portare frutto, un frutto buono, per una vita buona» e con l’invocazione della benedizione di Dio per tutti i giovani e i loro cari.
Una copia della lettera è stata inviata via mail a tutti gli educatori dei giovani che lo scorso ottobre hanno consegnato la “Regola di vita”, perché, a nome dell’Arcivescovo, la trasmettano ai diretti interessati.
Anche in questa occasione l’Arcivescovo dimostra la cura, l’attenzione e la stima che egli nutre verso i giovani e i loro educatori/educatrici.