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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Milano

Delpini: «Nicora seppe parlare con lucidità e lungimiranza senza temere l’impopolarità»

Una tavola rotonda presso la Caritas ambrosiana e la Celebrazione eucaristica in Duomo presieduta dall’Arcivescovo hanno ricordato il cardinale Attilio Nicora a un anno esatto dalla scomparsa. «Uomo di alta spiritualità coniugata con un senso di concretezza»

di Annamaria Braccini

22 Aprile 2018

Impegnato per i laici e il sociale, per i sacerdoti, per un equo rapporto, al passo con i tempi, tra Chiesa e Stato; rettore, giovanissimo vescovo, arcivescovo e cardinale, figura eminente dell’Episcopato europeo, presidente di Caritas italiana, giurista di altissima competenza, esperto a livello mondiale di Diritto Canonico. Il cardinale Attilio Nicora, scomparso esattamente un anno all’età di 80 anni, era tutto questo, anche se è quasi impossibile delineare, in poche righe, il profilo completo di un’intera vita dedicata, con così tanta passione, al Signore.

Per questo il Convegno intitolato, appunto, “Attilio Nicora, la passione civile di un Pastore”, promosso presso la sede di Caritas ambrosiana, dall’Arcidiocesi, dalla Conferenza Episcopale Lombarda e dal Servizio per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa, ha avuto il senso non solo di una doverosa memoria grata, ma di un’analisi dei frutti che continuano a nascere dal suo insegnamento fecondo.

Fin troppo facile richiamare, in un tale contesto, il ruolo fondamentale avuto, dall’allora monsignor Nicora, nel lavoro preparatorio che portò al Concordato siglato con il Governo italiano nel 1984, e nelle norme attuative dell’Intesa, sancite dalla legge 222 del 20 maggio 1985. E, poi, naturalmente nell’ispirazione, che a lui interamente si deve, di “Sovvenire alle necessità della Chiesa”, documento che proprio quest’anno compie 30 anni.

Non a caso il Convegno è stato aperto da Attilio Marazzi, incaricato regionale del Sovvenire, e da monsignor Giuseppe Merisi, Vescovo emerito di Lodi e delegato regionale del Sovvenire. È lui che ricorda: «La testimonianza, la fede, la spiritualità, la capacità di sentire la vita come guida e partecipazione corresponsabile al cammino della Chiesa sono state sue caratteristiche. Strettamente collegato a questo tema non si può dimenticare il suo senso ecclesiale, che nasceva dall’obbedienza; la competenza, riconosciuta da tutti, in campo giuridico – la più nota – ma anche nella Dottrina Sciale della Chiesa che sapeva tradurre in modo convincente. E, ancora, l’attenzione al laicato, all’Azione Cattolica, in cui militò, il senso della Chiesa e dello Stato, due realtà chiamate a collaborare per la promozione del bene comune. Sempre sua la capacità di offrire una prospettiva, come ben si vede nella preparazione al Concordato».

Parole cui fa eco monsignor Luca Bressan, vicario episcopale, membro del Comitato CEI del Sovvenire e presidente di Caritas ambrosiana che evidenzia, del Cardinale varesino, «l’amore lucido per la Chiesa che permette di cogliere una realistica azione dentro la fede».

Dice Bressan: «Le cose, comprese le risorse economiche devono servire come semplici strumenti per mostrare la potenza trasformatrice della Carità», avendo «la genialità di tradurre, attraverso norme giuridiche, il primato della Chiesa locale e la comunione tra le Chiese».

In questo senso, va vista, anche nell’azione e nel pensiero nicoriani, la ridefinizione della figura del presbitero: infatti “Sovvenire” è ricco di rimandi al Decreto conciliare “Presbyterorum Ordinis”.

«Nicora lavora per la riforma della Chiesa, il ri-orientamento dell’utilizzo del denaro serve a far vedere che i soldi prendono una nuova funzione: anziché essere strumento intramondano diventano promozione di amore e di comunione».

E tutto questo nell’orizzonte dell’«evangelizzazione che significa vivere in mezzo alla gente condividendo i problemi, la Chiesa e le prospettive del Paese. Il sovvenire deve diventare strumento per far imparare alle nostra comunità a sentirsi membri di una Chiesa con la trasparenza».

Da qui la sfida. «È interessante che l’8×1000 (peraltro non eterno né scontato) produca oggi, per una sorta di eterogenesi dei fini, effetti diversi da quelli per cui era stata pensata la riforma. Occorre trovare le energie per tornare alle ispirazioni e ai fini originari, per evitare ciò che era stata ideato per far divenire più evangelica la Chiesa, la faccia essere più burocratica».

Infine, è la volta di Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana che sottolinea: «I mezzi devono essere ordinati ai beni, evitando sprechi e abusi. Vale la regola del “tanto quanto”, prendere tanto quanto serve, senza mai superare il limite della sobrietà, senza esagerare e lasciando tutto il resto al cuore, alla carità».

Una carità che può essere diffusa capillarmente in Diocesi grazie all’8×1000 che, nel 2015, ha fruttato 4 milioni e mezzo di euro e nel 2017, 5 milioni.

Soldi andati per la maggior parte (2 mln) a Servizi come Siloe voluto dal cardinal Martini e inaugurato nel 1997, che sostiene le gravi marginalità con competenza e progettualità.

«L’8×1000 rappresenta circa un terzo della raccolta di Caritas ambrosiana, che, nel 2016, ha erogato 163.000 servizi di aiuto, sostegni alimentari per 3056 tonnellate di eccedenze distribuite e 6 Empori della solidarietà, utili a fare la spesa con una carta fornita da Caritas. 5000 le famiglie aiutate. E, poi, c’è la Fondazione San Bernardino Antiusura (circa 2 mln. di euro in due anni dall’8×1000), espressione delle 10 Diocesi lombarde e che si inserisce nell’insieme di simili Fondazioni caldeggiate proprio da Nicora nel 2001. Nata nel 2004, in 13 anni ha ascoltato 3405 persone con 417 prestiti ».

Don Paolo Scevola, ultimo segretario del Cardinale scomparso, ne definisce il carattere umano, alla fine della tavola Rotonda e prima di giungere in Duomo per la Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, concelebrata dai vescovi Mascheroni, Merisi, Giudici, Stucchi e introdotta dalle parole dell’arciprete monsignor Gianantonio Borgonovo, anch’esse di ricordo del Presule, «grande figura di prete ambrosiano».

La riflessione dell’Arcivescovo

Dalla Lettera a Timoteo si avvia l’omelia. «Come il discepolo amato in crisi perché si sente troppo giovane e inesperto, debole e insignificante, le nostre comunità, al contrario, si sentono troppo vecchie, senza slanci, eredi di complicazioni inesplicabili, senza stima si sé, incostanti. Le buone idee e iniziative ci sono, ma non durano».

Ma come affrontare e superare le difficoltà? Dal Vangelo della IV domenica di Pasqua, viene la parola decisiva: Il riferimento a Gesù, la sequela, la sua Parola: non le nostre astuzie, ma l’obbedienza. «C’è bisogno di una forma di consegna che ci libera da ogni paura e di seguire un cammino di maturazione, dove ci si assume le responsabilità, si dice la verità, si pratica la carità e la fede sempre disponibili a imparare e a insegnare la Sapienza che viene da Dio. Non siamo perfetti, ma abbiamo una luce, una passione per giungere a un compimento».

«Il ricordo del cardinale Nicora è, per noi, una conferma del campo che Paolo propone al discepolo in crisi. Egli aveva una particolare preferenza per le lettere pastorali paoline, di cui fa parte quella a Timoteo. Nella sua predicazione ha rivelato una sintonia, un apprezzamento per la figura dell’uomo maturo che sta in piedi di fronte alle sfide, che sa trarre dalla sapienza della Chiesa la parola da dire, che pratica una limpida coerenza senza temere l’impopolarità, che sa argomentare il suo insegnamento con franchezza e lucidità anche se la posizione è scomoda, ma lungimirante. Così ricordo con affetto e gratitudine colui che è stato rettore del Seminario quando mi sono preparato a diventare prete. Abbiamo avuto un educatore sobrio nelle effusioni, ma intenso nella testimonianza. Era capace di parlare con un discorrere argomentato, sempre affascinante, ben curato. Questa Chiesa diocesana, con la Chiesa italiana e universale, deve al cardinale Nicora e noi abbiamo da offrirgli il nostro tributo nell’affetto e nella conoscenza personale, nella confidenza di amicizie adulte, di impegni e ideali condivisi, abbiamo molto imparato da quella singolare esperienza di essere discepoli dell’unico Signore. La nostra vicinanza e affetto ricordando il suo cuore libero e la chiarezza e fortezza di scelte, si faccia preghiera».

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