Più che una riflessione approfondita «un indice di desideri, di pensieri, di speranze», nella convinzione «che la Chiesa ha bisogno di un esercizio di immaginazione per calarsi nelle condizioni reali di coloro che accoglie, permettendo a tutti di poter partecipare a una Messa, di poter ascoltare un’omelia, di entrare in parrocchia, perché ci sono quelli che non camminano o che non sentono». Inizia con un invito a non «fermarsi all’inerzia del pensiero, ma ad andare oltre», immaginando un futuro migliore per tutti, l’intervento con cui l’Arcivescovo chiude il convegno “Nessuno escluso. La persona sorda oggi tra accessibilità e partecipazione alla vita della Chiesa», promosso, presso il teatro del Centro Asteria, dalla Fondazione Pio Istituto dei Sordi e dalla Consulta diocesana “Comunità cristiana e disabilità. O tutti o nessuno”.
Nei giorni della festa liturgica del patrono dei sordi, San Francesco di Sales, l’assise – che dà il via ai festeggiamenti per il 170 anni dell’Istituto -, è così anche un modo per fare il punto sul cammino percorso negli ultimi anni, specie dopo un primo incontro sui temi della disabilità delle persone sorde svoltosi 6 anni fa sempre all’“Asteria” con la presenza dell’Arcivescovo.
I passi avanti nell’inclusione
Molti gli interventi che hanno animato la serata, moderata dalla giornalista del “Corriere della Sera” e responsabile del dorso “Buone Notizie”, Elisabetta Soglio, a partire dall’intervento del prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini che, insieme al vicedirettore editoriale dei Media vaticani, Alessandro Gisotti e a suor Veronica Donatello, direttrice del Servizio per la Pastorale delle persone con disabilità della Cei, hanno illustrato il valore della app “Vatican for all”. App gratuita e facilmente scaricabile, frutto di un lavoro di équipe, che, nel solo 2023, ha permesso la sottotitolazione e l’accompagnamento con la Lingua dei Segni di ben 112 eventi papali (Udienze generali, Angelus, Celebrazioni) con 1 milione e 473mila visualizzazioni totali. Un’iniziativa che «ha colmato un vuoto e che, in vista del Giubileo, sarà potenziata», osserva ancora il Prefetto.
Il convegno è proseguito con una Tavola rotonda nella quale hanno trovato spazio alcune testimonianze, a tratti di grande impatto emotivo, del seminarista calabrese Giuseppe Lagatta – «Non mi sento solo anche se è stata dura e in seminario non c’è l’insegnante di sostegno», e gli interventi tra cui quello di don Mauro Santoro, presidente della Consulta diocesana. Presenti, tra gli altri, Marco Petrillo, presidente della Fondazione Pio Istituto dei Sordi, il vicario episcopale don Giuseppe Como, altri sacerdoti e il diacono permanente Umberto Castelli, da tempo impegnato con i sordi.
«Su questo tema l’Arcivescovo ha dimostrato sempre una grande attenzione», nota Santoro. «Noi vogliamo che le persone sorde camminino con le comunità dove abitano, per non segregare nessuno. Per questo dobbiamo sensibilizzare le nostre realtà e stiamo raccogliendo il grido che viene anche da parrocchie, da famiglie con papà, mamma, figli sordi. C’è ancora tantissimo da fare, ma l’importante è lavorare insieme, andando forse più lenti, ma su basi solide. Quando parliamo di inclusione e integrazione si pensa sempre a delle categorie, mentre sarebbe bello arrivare alla parola partecipazione, al “fare parte”», continua don Mauro, ricordando i passi fatti con la sottotitolazione delle principali Messe dal Duomo tradotte in Lis. «Nella Consulta diamo protagonismo alle persone sorde in modo che si sentano non solo destinatari o fruitori», scandisce: «il mio sogno più grande sarebbe che la Consulta non avesse più ragione di esistere, avendo raggiunto il suo scopo».
Insomma, un percorso ben avviato, ma che chiede attenzione e un procedere continuo, come notano Marco Fagetti ed Elisabetta Valla, collaboratori della Pastorale diocesana per le persone sorde, che evidenziano le nuove possibilità di partecipazione alle celebrazioni, ma anche il desiderio di essere sostenuti, ad esempio, nell’accesso al sacramento della Riconciliazione.
Renzo Corti, presidente regionale dell’Ente Nazionale Sordi, divenuto sordo a 5 anni ed entrato nell’Istituto alla stessa età, dice: «Credo che vi sia ancora tanto da migliorare nella scuole, e non solo per i più giovani, come pure per l’inclusione nel mondo del lavoro».
L’intervento dell’Arcivescovo
A suggellare la discussione, la consegna del vescovo Delpini a «essere una Chiesa capace di immaginazione», sintetizza i punti cardine sui quali la Comunità ecclesiale deve edificare questa nuova capacità di «camminare uniti». Con quell’«indice delle priorità» al cui vertice deve esserci una certezza condivisa: «la missione della Chiesa è portare il Vangelo a tutti con una destinazione universale che significa una proposta di conversione e di santità».
«È legittimo e doveroso rivendicare dei diritti, ma ritengo che la Chiesa debba avere a cuore l’aiutare tutti a vivere la propria vocazione, non una generica pietà o preghiera. Mi aspetto, quindi, anche la testimonianza di sordi santi, di persone che, attraverso la loro condizione concreta, hanno incontrato il Vangelo, si sono convertiti e sono diventati santi», spiega il vescovo Delpini che aggiunge un terzo punto. «Ciascuno deve domandarsi che dono sia per gli altri, che cosa abbia da offrire alla comunità di cui fa parte», perché «la partecipazione vuole dire una reciprocità nello scambio dei doni, ciascuno con la sua povertà e la sua ricchezza, nella sua fragilità e nella sua forza».
Infine, «esprimendo la gioia per i 170 anni di attenzione, di accompagnamento, di benedizione per le persone sorde, realizzate dall’Istituto», l’Arcivescovo ricorda alcuni sacerdoti che hanno fatto molto in questo campo, come don Emilio Puricelli o don Luigi Poretti, di recente scomparso. Un impegno oggi portato avanti, con rinnovata energia e sistematicità, dalla Consulta e da don Santoro.
«Osate, osiamo con coraggio, non impoveriamo la Chiesa, che diventa afona, come dice il Papa, se si priva della voce di ognuno. Giochiamoci e impegniamoci nelle nostre parrocchie, perché non si vive di rendita e dobbiamo, anche in questo ambito, portare lo stile della sinodalità», conclude suor Veronica Donatello.