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Sirio 15 - 21 luglio 2024
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Milano

Rispondendo alla nostra vocazione costruiamo tutti insieme una storia nuova

In Duomo l’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale solenne dell’Immacolata. Ad assistere al rito anche il cardinale Ernest Simoni, per 30 anni incarcerato dal regime comunista albanese

di Annamaria BRACCINI

8 Dicembre 2023
Messa Pontificale dell'Immacolata (Ag. Fotogramma)

La storia nuova che esordisce con l’annuncio dell’angelo a una semplice ragazza di Nazaret, la storia che è responsabilità di tutti annunciare e testimoniare.

In un Duomo affollato di tanti fedeli, come tradizione l’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, il Pontificale che l’Arcivescovo Mario Delpini presiede e che viene concelebrato dai Canonici del Capitolo metropolitano, si apre con un gesto inedito e di alto significato simbolico. Infatti, prendendo parte alla processione inziale con i sacerdoti, una famiglia con papà, mamma e due bimbi aderenti all’Azione Cattolica ambrosiana e una consacrata dei Memores Domini (l’Associazione laicale legata al Movimento di Comunione e Liberazione), portano rispettivamente all’altare maggiore un mazzo di fiori e un cero decorato dalle claustrali Clarisse di Milano con le tre stelle allusive alla perpetua verginità di Maria, come le tre stelle dipinte sulla icona della Madre di Dio, a cui piedi depongono tali omaggi. Proprio a indicare il cammino comune e l’appartenenza alla Chiesa pur nei diversi carismi.

Il Cardinale Ernest Simoni alla Messa Pontificale dell’Immacolata in Duomo (foto Agenzia Fotogramma)

Ad assistere al Pontificale, in altare maggiore, un ospite di eccezione, il cardinale Ernest Simoni, 95 anni di cui 30 trascorsi nelle carceri albanesi del regime comunista di Enver Hoxha, dopo essere stato arrestato, alla vigilia di Natale di 60 anni fa, solo per il suo essere un coraggioso prete della Chiesa cattolica, mai rinnegata anche nei momenti più terribili della prigionia e della tortura.

La celebrazione, aperta dal saluto di monsignor Gianantonio Borgonovo – che fa riferimento all’8 dicembre 1965, giorno di chiusura del Concilio Vaticano II nel quale papa Paolo VI pronunciò l’omelia mariana definendo il senso del «farsi umano di Dio per indicare all’uomo quale sia la sua meta ultima» -, trova nell’omelia dell’Arcivescovo un momento di profonda riflessione solo apparentemente lontana dal presente.

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L’omelia dell’Arcivescovo

Come si rende evidente nelle sue prime parole rivolte all’assemblea che paiono essere una fotografia di oggi, e di duemila anni fa, «quando la malvagità degli uomini era arrivata fino al colmo e la terra non poteva più sopportare il peso del male compiuto, quando la stupidità degli uomini era giunta fino all’assurdo di chiamare male il bene e bene il male, quando la presunzione degli uomini era giunta fino all’arroganza di ignorare ogni parola di sapienza e di censurare ogni voce che uscisse dal coro delle banalità uniformi, quando le lacrime dei poveri, il gemito dei buoni, il dolore degli innocenti erano giunti fino a uno strazio intollerabile».

Quando, insomma, persino «il Dio Altissimo, compassionevole e giusto, radunò l’assemblea del cielo per chiedere consiglio, per cercare un rimedio, per preparare una soluzione». Quella, ad esempio, suggerita dallo «spirito di profezia», che vorrebbe castighi e spaventare gli uomini «così fragili, confusi e così sciocchi» con visioni di catastrofi. Un consiglio, ovviamente, non accettato così come la proposta rivolta al Signore dallo «spirito di potenza». «Manda la catastrofe, scenda un fuoco divoratore, si aprano gli abissi per inghiottire ogni cosa, manda il diluvio che annienti l’umanità, come ai tempi di Noè e cancella dalla terra questa genia di ribelli. Poi fai nascere una nuova umanità che viva secondo giustizia e timore di Dio».

Respinto anche «lo spirito di astuzia», che vorrebbe censurare la libertà umana, perché «la libertà è un principio troppo inquietante e gli stessi figli degli uomini non sanno come portarne il peso. Togli loro la libertà: come le stelle in cielo seguono disciplinate il loro destino, senza farsi del male, come le formiche sulla terra lavorano infaticabili senza cattiverie e senza disordine, così i figli degli uomini, liberati dalla libertà, saranno ordinati, docili esecutori di ordini indiscutibili, incapaci di fare danni, programmati per un lavoro ordinato e produttivo».

La storia nuova che nasce dall’annuncio a Maria

Infine, le parole del Figlio unigenito, le uniche accettabili. «Padre, c’è una sola vita per la vita del mondo e la salvezza degli uomini, c’è una sola speranza: che da qualche parte, che in qualche momento, cominci una storia nuova. Ecco l’opera che si deve compiere: che una gioia inedita germogli sulla terra e che attiri uomini e donne con legami d’amore, che la vita in cui siamo felici diventi una storia praticabile, una vocazione offerta alla libertà. Manda me. E fu allora che l’angelo Gabriele fu mandato a una ragazza di Nazaret da Dio perché in Maria si accendesse la gioia inedita, si rivelasse l’altezza della vocazione dell’umanità, si confermasse l’alleanza eterna».

Milano, Messa Pontificale dell’Immacolata in Duomo con Monsignor Mario Delpini (foto Agenzia Fotogramma)

Una storia nuova che vogliamo continuare a scrivere, tutti insieme – conclude l’Arcivescovo – «accogliendo la gioia, rispondendo alla nostra vocazione, confidando nel Dio fedele. Oggi la “Giornata dell’Adesione” all’Azione cattolica, è per dire ai laici che sono chiamati con una parola che indica una loro specifica vocazione e responsabilità. Tutti riceviamo l’annuncio dell’Angelo, perché nella nostra vita ci sia gioia, consapevolezza dell’altezza della nostra vocazione, la certezza che l’alleanza è il legame al quale Dio resta fedele».