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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Varese

L’Arcivescovo ai fidanzati: «L’amore conservi tratti dell’innamoramento»

Alla vigilia della festa di San Valentino Veglie di preghiera in San Vittore con monsignor Delpini e in Sant’Ambrogio a Milano con monsignor Vegezzi: «Quello che fate e siete è un segno per la Chiesa»

di Letizia GUALDONI

14 Febbraio 2024
La consegna dei semi di San Valentino

«L’augurio che mi sento di farvi è che l’innamoramento continui: naturalmente ci saranno, mi immagino, delle fasi più fredde, più faticose, ma ci saranno giorni di passione, di desiderio ardente. Forse non è proprio necessario perdere tutto quello che di incanto, di passione, di desiderio, l’innamoramento conosce. Ma è certo che l’amore chiede percorsi di maturazione, in cui non si dimentica la poesia, il batticuore, ma qualcosa di più solido, di più roccioso, di più affidabile, della tempesta delle emozioni… E io credo che ogni storia d’amore è irripetibile»: così l’arcivescovo Mario Delpini si è rivolto ai fidanzati riuniti nella Basilica di San Vittore a Varese nella serata di martedì 13 febbraio (giorno che precede la festa di San Valentino).

Oltre che a Varese (presente anche il Vicario episcopale per la Zona II don Franco Gallivanone), i fidanzati si sono raccolti anche a Milano, nella Basilica di Sant’Ambrogio (con il Vescovo ausiliare e Vicario episcopale della Zona I mons. Giuseppe Vegezzi), nella Veglia dal titolo «Nati per amare», a cura del Servizio per la Famiglia, il Servizio per i Giovani e l’Università e l’Azione Cattolica Ambrosiana. La doppia iniziativa si è aperta con un aperitivo di coppia che ha visto giovani, provenienti da tutta la Diocesi, condividere in modo informale qualche stuzzichino, potendo poi ascoltare e ammirare con interesse attraverso una visita storico-artistica le basiliche e lo splendido Battistero di Varese, grazie ad alcuni volontari e a Milano con il gruppo “Pietre Vive”.

Dalla lettura della storia del Santo, tra tradizioni e curiosità, al divertente video di Giovanni Scifoni che ne tratteggia i tratti essenziali, si dà inizio alla celebrazione, con le giovani coppie che insieme recitano l’Inno alla carità, che «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».

Le parole dell’amore

Intenso il momento di silenzio di coppia, dove ognuno, pensando alla propria storia, ha modo di ricordare le persone e i momenti più significativi in cui ha sperimentato l’Amore di Dio e come, sentendosi amato, ha potuto poi vivere l’amore verso gli altri; invitati poi, ciascuno, pensando al proprio amato/a, a provare a descriverlo con una parola, che si proietta, insieme alle altre, in una nuvola di parole. Spiccano, tra le altre, “certezza”, “sorriso”, “bontà”, “sicurezza”, “unica”, “dolcezza”, “abbraccio”, “meraviglia”, “gioia”, “vita”, “sole”, “porto sicuro”, “casa”, “cuore”, “luce”…

«E io cosa posso dirvi, per benedire il vostro cammino di amore, per incoraggiarlo, per accompagnare quel maturare che non perde la bellezza dell’innamoramento ma la trasfigura in una benedizione permanente? – si chiede l’Arcivescovo -. Ciascuno di voi avrà la sua storia. Io mi permetto però di indicare tre aspetti, che potrei chiamare tre segni che indicano il maturare dell’amore».

Il realismo della conoscenza

Il tratto definitivo dell’amore è la decisione di dedicarsi l’uno/a all’altra/o. È una decisione che si nutre della gioia, della reciprocità, ma è una scelta, che a, volte, comporta anche il sacrificio.

L’Arcivescovo propone allora «il segno di questo realismo che rende sensata la decisione definitiva». «Il difetto principale che ha la persona che amo, io lo posso accogliere, lo posso accettare?». «La persona che amate sarà senz’altro perfetta, però forse c’è in lui/lei qualcosa che vi dispiace, che vi fa soffrire… E secondo me la decisione di amarlo, di sposarlo, è matura quando uno dice: lo so che non sei perfetto, lo so che questo è il difetto tuo che mi fa arrabbiare di più, però mi sento in grado di accoglierlo per tutta la vita e viceversa», impegnandosi però per correggerlo, per migliorarlo, mai difendendolo come un diritto.

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Il tempo come ritmo

Un secondo segno che l’Arcivescovo propone per capire che l’amore sta maturando è «il modo di considerare il tempo che passa, l’amore vive il tempo come amico, come alleato per il compimento», consapevoli che «l’amore non è un sentimento che si prova ma una decisione che si prende».

«Come si fa a far sì che il tempo non stanchi l’amore? Io credo che il tempo deve diventare un ritmo e la Chiesa in questo ci aiuta»: la domenica, il giorno per andare a Messa, delle visite ai parenti; e poi, per esempio, il giorno dell’anniversario, un giorno per rinnovare il proprio impegno; un giorno per dedicarsi alla preghiera, magari con altre coppie; un tempo per dirsi di che cosa dobbiamo perdonarci. Il tempo può diventare amico dell’amore se un ritmo permette il recupero, la ripartenza, il ringiovanimento delle buone intenzioni».

La praticabilità della distanza

«Io credo che l’innamoramento è un po’ una sorta di momento tempestoso, in cui la persona amata sembra l’unica ragione di esistere», quasi un motivo di disordine.

«Io credo che si potrebbe dire che un segno della maturità o del maturare dell’amore è quando è praticabile la distanza». Quando si è sicuri dei propri affetti non si vive il non vedersi come una separazione ma con serenità: ci vogliamo bene e non abbiamo bisogno di dircelo ogni minuto, sappiamo di poter contare l’uno sull’altro, ciascuno ha un suo spazio di libertà in cui può lavorare, studiare, coltivare amicizie, andare a pregare, assumere impegni in oratorio o coltivare altri interessi.

Amare come ha amato lui

Nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano monsignor Vegezzi ha incentrato il suo intervento sulla carità, a partire dall’Inno alla carità di San Paolo, un passo impegnativo perché, ha sottolineato alle coppie, «ci dice il modo con il quale il nostro Maestro ci insegna ad amare». «La carità è paziente. Essere paziente serve per tirare fuori i lati migliori. La carità non è invidiosa, non si gonfia di orgoglio, perché non pone al centro se stessi. La carità non tiene conto del male ricevuto perché ama anche l’incapacità e il difetto dell’altro». “Amatevi gli uni gli altri come…” è l’invito che il Signore rivolge a ciascuno di noi, perché insieme ognuno possa portare frutto e un segno di speranza.

 

I semi di San Valentino

In conclusione delle due celebrazioni un momento molto significativo e simbolico. I “Semi di San Valentino”, donati dai Vescovi a ogni coppia, sono il segno e l’augurio di una relazione da far crescere e maturare, sentendosi custoditi dall’amore del Signore.

Le parole dell’Arcivescovo risuonano come mandato per tutti i giovani fidanzati presenti: «Il Signore possa accompagnarvi perché quello che voi fate e siete è un segno per la Chiesa, è una parola per il mondo, è un annuncio di speranza: si può veramente amare. Amarsi sempre, amarsi in ogni situazione: è veramente possibile e come è bello!»

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