Un viaggio non molto prolungato – nemmeno dieci giorni – e che tuttavia ha lasciato un ricordo significativo nel cuore e negli occhi di chi l’ha compiuto: il Vicario generale, monsignor Mario Delpini. e il responsabile del Servizio per la Pastorale missionaria, don Antonio Novazzi. È lo stesso Delpini a spiegare: «Ci siamo recati in Camerun per visitare i nostri sacerdoti fidei donum: tre operanti nella diocesi di Garoua, uno nella diocesi di Bertoua e uno presso una struttura del Coe a Mbalmayo. Rientrano in questi giorni a Milano, a conclusione della loro missione, un prete e una consacrata laica. Quindi la presenza della Diocesi si riduce un po’. Speriamo di poter inviare qualcun altro…».
La presenza della nostra Chiesa in Camerun è ormai pluridecennale e molto radicata. Quali ne sono gli aspetti maggiormente positivi?
Ciò che si rende immediatamente evidente è il grande impegno dei preti ambrosiani che operano in una realtà dove anche il Centro Orientamento Educativo svolge una rilevante attività. In particolare nella diocesi di Garoua siamo attivi in due parrocchie: una cittadina, molto compatta, dove si è costruita la nuova chiesa per la comunità di St. Jean-Marie Vianney de Ngalbidje, e la seconda inserita in un ambiente rurale. Una delle caratteristiche tipiche, seppure attuata con modalità diverse, è la responsabilità affidata ai laici anche in assenza del sacerdote, che per la vastità del territorio parrocchiale non può arrivare ovunque con frequenza. La comunità si raduna per la preghiera domenicale e si gestisce per l’attività catechistica e caritativa. Mi sembra un modello molto positivo e, del resto, l’unico praticabile per una comunità dispersa su un grande territorio.
E, invece, qualcosa su cui lavorare per migliorare l’incidenza della vita ecclesiale?
Il campo, in questo contesto, è infinito. Penso che la Chiesa ha la responsabilità di incidere sulla società civile con la presenza di cristiani onesti, lungimiranti, impegnati a creare un tessuto sociale giusto, ordinato e solidale, capace di rispondere a necessità primarie come l’acqua, le cure mediche, la formazione scolastica.
Ha avuto l’impressione che in Camerun le comunità cristiane siano minacciate dagli estremisti islamici?
Siamo rimasti pochi giorni a Garoua, nel nord del Paese dove la maggioranza è musulmana: qui la convivenza con la minoranza cristiana è pacifica. Il grande Nord, come è noto, è segnato da pericolose frange di estremismo in territori confinanti con le aree più pericolose della Nigeria.
Un momento del viaggio che le è rimasto impresso?
Sono stati molto interessanti gli incontri con i Vescovi e i Consigli pastorali delle parrocchie dove operano i nostri preti. È stato emozionante per me presiedere, a nome del cardinale Scola e per un atto di deferenza del Vescovo di Garoua, la consacrazione della nuova chiesa di Ngalbidje. È stato particolarmente bello incontrare un gruppo di preti originari della parrocchia di Dgiamboutou, nella quale, durante il periodo della presenza ambrosiana, si è registrata una fioritura di vocazioni: oltre dieci giovani sono divenuti sacerdoti diocesani, oltre ad alcune vocazioni religiose. La testimonianza che tutti loro hanno voluto comunicarci è stata di profonda gratitudine e comunione.
Il Cardinale – a nome del quale lei visita i nostri missionari – incontrando i fidei fonum ha sottolineato appunto la centralità della comunione tra Chiesa che “manda” e Chiesa che “accoglie”. Si può dire che, in tempi di nuova evangelizzazione per l’Europa, c’è da imparare dalla Chiesa africana?
Certamente. Ad esempio – pur in realtà tanto diverse – l’articolazione della parrocchia in comunità e la responsabilità dei laici sono aspetti da approfondire e su cui la Chiesa d’Africa ha molto da dire. Anche per questo è particolarmente utile visitare le nostre missioni
A luglio è già previsto un altro viaggio in Zambia.