Il discepolo: «Si chiamavano abitanti della terra i figli degli uomini, ma ora non abitano da nessuna parte, vagabondi, forse, si devono chiamare. Si chiamavano cittadini gli abitanti della città, ma ora non hanno una città da abitare. Si chiamavano africani i popoli dell’Africa e si chiamavano arabi i popoli d’Arabia, ora si chiamano emigranti, cioè quelli che vanno via, dispersi e confusi. Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa sono i figli e le figlie della terra. Dacci un consiglio, profeta, prendi una decisione».
Il profeta: «Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi; non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di ogni terra infelice, sii il loro rifugio di fronte al devastatore.
Tu che hai casa non ignorare chi è senza casa, tu che hai una terra non respingere che è stato derubato della sua terra, tu che hai potere non approfittare dell’impotente».
Il discepolo: «Troppo. Chiedi troppo. Troppa miseria, chi può soccorrere? Troppa cattiveria, chi può sperare? Troppa ingiustizia, chi può rimediare? La storia è troppo sbagliata, chi può aggiustarla? Il tiranno è troppo potente, chi può contrastarlo?
Una parola, profeta, una parola, in nome di Dio».
Il profeta: «Mandate l’agnello, offrite il tributo al Signore del cielo e della terra. Scrivete una storia nuova. Percorrete la via della mitezza. Colui che viene nel nome del Signore è re di pace e di giustizia. Cantate il vostro osanna, celebrate la vostra speranza, voi che sperate la pace».
Il discepolo: «Ma i potenti della terra? ma le vicende della storia? ma le parole dei potenti? Non vedi come da ogni parte giungono messaggeri di sventure, allarmi e gemiti? Come le figlie di Moab piangevano alle porte di Gerusalemme, così i miserabili della terra piangono per la loro terra inabitabile. Dove dunque la fiducia? Dove dunque la pace?».
Il profeta: «Ecco, io vedo che un regno si sta preparando, un regno come nessun altro. Ecco, io vedo che un giorno sta sorgendo, un giorno come nessun altro. Ecco io vedo germogliare la gioia, una gioia come nessun’ altra. Preparano per il Signore che viene la mansuetudine perché si possa collocare il trono. Preparano per l’ingresso del Signore la festa perché Dio possa consolare ogni lacrima, fare coraggio agli smarriti, radunare i dispersi.
I poveri temono il tiranno invincibile, ma il Signore vede arrivare il suo giorno; i faccendieri cercano alleanze e profitti nell’alleanza con il male, ma il Signore vede incombere su di loro la disperazione del fallimento.
Preparate la festa, voi poveri della terra! Cercate la roccia, voi che volete costruire la casa! Accogliete la nuova alleanza, coi che cercate un rifugio».
Il discepolo: «Dove, profeta? Come, profeta? Hai scritto di sogni? Hai consolato con visioni di fantasia? Hai raccontato favole per consolare i bambini spaventati dai mostri della notte?».
Il profeta: «Non vincerete il male con il male. Non sconfiggerete la violenza con la violenza. Non c’è che una politica che possa rendere abitabile la terra, la giustizia. Non c’è che una strada per giungere alla pace, la giustizia e il diritto. Non c’è che uno sguardo da rivolgere ai dispersi di Moab e di ogni altra terra, la compassione. Non c’è che una via di salvezza, quella che percorre il Signore che viene, come il re mite che cavalca un asino, come l’agnello che viene mandato per essere immolato, versare il sangue della nuova ed eterna alleanza.
Celebrate l’alleanza, praticate la giustizia, costruite la fraternità, non lasciate che i fratelli rimangano a supplicare alle porte delle vostre mura costruite con l’indifferenza e la paura.
Ecco, il Signore viene, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia».