«Il coraggio di essere originali, trovando un punto di resistenza di fronte alle ostilità e difendendo e i deboli e gli umili». Sono queste tre parole, sintesi di altrettanti atteggiamenti di una vita buona, che l’Arcivescovo lascia all’ottantina di ragazzi, provenienti da diversi oratori della Diocesi, riuniti in un uno dei luoghi-simbolo della Milano che annoda passato, presente e futuro della speranza: il Giardino dei Giusti presso il Monte Stella – nato nel 2003 e interamente rinnovato nel 2019 -, che propone l’esemplarità della testimonianza di 86 donne e uomini di diverse epoche che, in tante parti del mondo e realtà molto differenti, si sono opposti alla barbarie, alla sopraffazione, a dittature e violenze. E tutto in un suggestivo percorso nel verde dove, tra cippi posti a terra, alberi e semplici targhe con incisi i nomi dei Giusti, monsignor Delpini ha personalmente scelto che fossero presenti tanti ragazzi, per il terzo e ultimo appuntamento dell’iniziativa «L’Arcivescovo ti invita».
I saluti istituzionali
«Quello più voluto – dopo il primo nella Comunità “Il Seme”, che accoglie minori giunti in Italia non accompagnati presso la parrocchia San Pio X, e il secondo svoltosi al Memoriale della Shoah -, nel quale, voi, rappresentate tutti i ragazzi degli oratori ambrosiani», spiega in apertura ai giovani seduti in circolo nell’anfiteatro del Giardino don Stefano Guidi, direttore della Fondazione degli Oratori Milanesi.
Da parte sua, Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale, portando il saluto dell’Amministrazione, dice: «Questo è un luogo importante per la città di Milano, per la maturazione di una coscienza e di una consapevolezza collettiva. Qui sono ricordate persone che hanno saputo compiere gesti capaci di interrompere la catena del male, persone di ieri e di oggi che portano avanti le loto battaglie anche adesso. Il messaggio è di non essere indifferenti a ciò che ci accade intorno».
Di un «grandissimo regalo», parla Gabriele Nissim, presidente di Gariwo (Gardens of the Righteous Worldwide), cofondatore e “anima” del Giardino fondato dal Comune di Milano, dalla Fondazione Gariwo-Foresta del Giusti e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. «Questo giardino – prosegue – celebra la bellezza della persona buona quando compie atti di umanità e si sacrifica per l’altro. Tutti questi cippi dovete immaginarli come dei libri fatti ciascuno della storia di qualcuno che ha fatto il bene non per un dovere morale, ma perché voleva la felicità stando bene con se stesso e su questa terra e, per questo, facendola andare in una direzione giusta. Questo è un giardino della speranza».
Il percorso
Si avvia, così, il percorso per cui i ragazzi – provenienti da Sant’Agnese di Somma Lombardo, San Martino in Vergiate, San Giovanni Battista di Montevecchia, Santo Stefano di Osnago, Santa Maria Assunta in Certosa e San Martino in Greco, entrambe a Milano, Santa Maria Assunta in Golasecca -, visitano diverse zone della struttura. Anche l’Arcivescovo si unisce a un gruppo e compie il cammino fermandosi presso diversi cippi, tra cui quello di tre “giusti” milanesi: Fernanda Wittgens, storica prima donna a guidare l’Accademia di Brera negli anni della guerra e nei successivi; monsignor Giovanni Barbareschi, “ribelle per amore”; Giuseppe Sala, avvocato che, per 25 anni alla guida dell’Opera San Vincenzo, salvò molte vite durante il secondo conflitto mondiale. Si sosta anche davanti al nome di una ragazzina afghana costretta alle nozze all’età di nove anni, diventata, dopo la fuga dal suo Paese, rapper famosa negli Stati Uniti. Sotto l’Albero delle Virtù vengono lette le “parole dei Giusti”: perdono, diritto, memoria, coraggio.
La strada della giustizia
Infine, ancora presso l’anfiteatro, è l’Arcivescovo a dire ai giovani, nell’auspicio che simili visite si ripetano ogni anno: «Ho avuto l’idea e di inserire alcune visite a Milano, in luoghi come questo che sono forse da scoprire. Ponetevi la domanda sulla provenienza di questi giusti che hanno capito che dovevano fare una scelta buona». Da qui le tre parole: «per intraprendere la strada della giustizia e che valgono a qualunque età».
«Il coraggio di essere originali, non di essere strani, ma coerenti con la propria coscienza anche quando il contesto è ostile al bene. Se la tendenza generale è all’egoismo individualistico, essere giusti vuole dire prendersi cura degli altri, magari con un gesto semplice, come fare l’animatore in oratorio».
Una seconda parola è «avere in sé un principio di resistenza, perché se uno vive il bene può essere isolato dagli altri». Quel principio di resistenza che è dialogo con Dio, preghiera, «la nostra coscienza personale da usare quando incontriamo l’ostilità».
Terzo, «prendere le parti del debole che diventa particolarmente evidente quando si assiste a forme di bullismo di fronte allo straniero, a qualcuno che ha qualche difetto fisico o non parla bene».
«Magari non avrete una targa al Giardino, ma se farete queste tre cose farete il bene. La vostra generazione non vive ai tempi della guerra nazifascista, ma incontra un contesto forse meno pericoloso di quello dei tempi vissuti dai vostri nonni, gravato da tanto pessimismo e senso di rassegnazione. Cercate di sfuggire a certe mode e forme di conformismo come lo scoraggiarsi ed essere sempre scontenti. Tornando a casa ciascuno costruisca il suo piccolo giardino dei giusti con persone che magari non sono famose, ma che meritano di essere ricordate. Nei vostri smartphone potete cercare le storie di coloro che qui hanno iscritti i loro nomi. Fatelo», questa la consegna prima della benedizione.
Guardiani dell’umanità
Infine è Gabriele Nissim a suggellare la visita, invitando i giovani a tornare: «Chi cerca il bello, il vero e il giusto, non ha bisogno di un milione di likes, di un riconoscimento pubblico, di una targa, ma la targa se la merita comunque. La dittatura dell’io è una delle malattie del nostro tempo, dobbiamo tornare al noi. Al Giardino abbiamo una filosofia, quella del pescatore di perle che scopre e porta alla luce cose belle. Ognuno di voi può essere un pescatore di perle, riconoscendo il bene e innaffiando questo giardino. Penso che l’umanità ogni volta debba scegliere tra il bene e il male: la lotta continua sempre e siamo noi che possiamo scegliere la direzione del treno, dove andrà la storia: siete guardiani dell’umanità, scegliete di non essere indifferenti, il mondo sta nelle vostre mani».