«Voi non siete qui per caso, il Signore vi ha chiamati, chiamati per nome, chiamati perché amati». Le parole rivolte dal Papa al milione di ragazzi, riuniti a Lisbona per la Giornata Mondiale della Gioventù, riecheggiano nella sera milanese della “Notte dei Santi”, nella quale 2000 adolescenti camminano per le vie della città alla ricerca delle tracce di santità del passato.
Un passato millenario rivisitato con percorsi che, toccando le basiliche di San Vittore al Corpo, San Lorenzo alle Colonne, la chiesa di San Vincenzo in Prato per riunirsi infine nella basilica di Sant’Ambrogio, sono all’interno dell’area della Milano più antica di epoca romana e, insieme, modernissimo.
Fatto di jeans e sneakers, ma senza maschere o i dolcetti scherzetti di halloween, proprio perché la fortunata proposta che la Diocesi e la Fom tornano a offrire ai giovani, accompagnati dai loro educatori e sacerdoti nella vigilia della solennità di Ognissanti, non è frutto di leggende, venute da altrove, ma è fatta della concretezza di donne e uomini che hanno segnato la storia della cristianità e della nostra Chiesa. Come, anzitutto, Ambrogio. E così, nella basilica che porta il suo nome – la “basilica Martyrum”, perché conserva le spoglie del Santo patrono e di Gervaso e Protaso – i giovanissimi arrivano a gruppetti, provenendo da ogni parte della Diocesi, per pregare insieme, imparare, riflettere sul loro cammino di “esordienti” della vita.
A semicerchio, all’aperto, nell’atrio di Ansperto che introduce alla basilica, reso ancor più magnifico, dopo tanta tempesta, dalla luce della luna e delle stelle, alcuni di loro rinnovano, ad esempio, le promesse battesimali guidati dal vicario generale, il vescovo monsignor Franco Agnesi, altri vengono salutati dal vescovo Erminio De Scalzi, fino all’arrivo dell’Arcivescovo, accolto dal direttore della Fom, don Stefano Guidi, dai volontari e dai giovani. È lui che dall’altare maggiore, per oltre un’ora, parla ai diversi gruppi che si alternano in “Sant’Ambrogio”, visitandone l’insigne complesso, la cripta con le reliquie dei santi martiri, accostandosi alla figura santambrosiana e ai suoi tempi, pregando a livello personale e compiendo l’adorazione eucaristica nel contiguo oratorio di San Sigismondo, confessandosi, firmando i grandi fogli bianchi con le intenzioni di pace, dopo aver inquadrato il Qr-code che permette di vedere video con testimonianze di Caritas Gerusalemme, a cui vengono destinate le offerte della serata.
La riflessione dell’Arcivescovo
Dalla lettura del vangelo di Giovanni al capitolo 15, si avvia la riflessione del vescovo Mario ispirata dalla domanda su come capire che il Signore chiama, «anzi chiama proprio me», come sottolinea. «Si comincia a capire che c’è una chiamata e di essere amati quando intuiamo che siamo unici, come nessun altro, che siamo originali, non essendo la copia di nessuno, anche se si può somigliare ai genitori o ai fratelli».
«Ascoltate – prosegue l’Arcivescovo – la parola di Gesù, che vi sta parlando come un amico vivo. La pagina che abbiamo appena ascoltato è una delle più belle del vangelo ed è per ciascuno di voi. Sono chiamato perché sento che questa parola di Gesù mi consola e mi commuove». Il riferimento è al termine “amici, vi ho chiamato amici”, che ricorre in Giovanni e che, spiega l’Arcivescovo, «mi ha sempre accompagnato nella vita così come la frase “che la vostra gioia sia piena”».
Poi, un secondo richiamo alla necessità di un ascolto personale del vangelo e a comprendere «come si è fatti, quali siano i desideri che inseguiamo, capire ciò che dà gioia davvero e non le fantasie che appassionano nel momento, che seducono o eccitano, di cui magari, poi, ci si vergogna o che deprimono».
Un accenno è al tema, delicatissimo nell’adolescenza, del corpo. «Anche il corpo mi dice qualcosa di me stesso», sottolinea monsignor Delpini. «Questo è oggi un tema molto inquietante, perché spesso si ha l’impressione di non trovarsi bene nel nostro corpo, ma il corpo non è una prigione dell’anima, ma è il luogo in cui l’anima può diventare relazione con gli altri, Che relazione devo stabilire essendo io un maschio o una femmina? L’amicizia, l’amore sono modi con cui il Signore ci chiama. Chiediamoci se i rapporti che stabiliamo ci rendono migliori oppure trattengono nella mediocrità o, addirittura, ci rendono più squallidi».
Da qui la conclusione. «Per comprendere se il Signore chiama, dovete capire la vostra originalità, la relazione con Gesù che dice parole rivolte proprio a voi, quelle che toccano. E terzo, per non lasciare che l’espressione “Il Signore mi chiama”, sia troppo generica, bisogna chiedersi quali desideri, quali tratti fisici, corporei, quale capacità di amicizia e di amore abbiamo». E si prosegue ancora perché la “Notte dei Santi” non finisce con la presenza dell’Arcivescovo: fino a mezzanotte, ancora arrivano altri adolescenti, aiutati nello stesso itinerario spirituale compiuto dai loro coetanei, prima dal vescovo Giuseppe Vegezzi e, poi, dal vescovo Luca Raimondi.