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Percorsi ecclesiali

L’Arcivescovo pellegrino per Milano

Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Milano

«Dal Gruppo Barnaba un aiuto per far crescere il Decanato»

L’Arcivescovo avvia la visita pastorale a Città Studi-Lambrate-Venezia, nato lo scorso anno dalla fusione dei tre originari. Il decano don Gianluigi Panzeri presenta il territorio, ricco di istituti di cura e animato dagli universitari, e le sfide che lo attendono: l’amalgama tra centro e periferia, l’educazione, l’integrazione

di Cristina Conti

29 Gennaio 2022
La Basilica dei Santi Nereo e Achilleo

In questo fine settimana inizia la visita pastorale dell’Arcivescovo al Decanato Città Studi-Lambrate-Venezia, il secondo a essere visitato nella città di Milano dopo quello di Affori (leggi qui il programma della visita).

«Il nostro Decanato è stato creato recentemente, a gennaio 2021, con la confluenza di tre “vecchi” Decanati: Venezia, Città Studi e Lambrate – spiega il decano don Gianluigi Panzeri, parroco della Basilica dei Santi Martiri Nereo e Achilleo -. In tutto comprende due Comunità pastorali e 13 parrocchie, tra le quali quella dell’ospedale San Raffaele, che non è cappellania. Il territorio si sovrappone al Municipio 3 e a parte del 4, per un totale di circa 200 mila abitanti e 55 sacerdoti. Comprende il Cimitero di Lambrate e ospedali importanti tra cui, oltre al San Raffaele, anche la Clinica Città Studi, l’ex Santa Rita, la Macedonio Melloni, l’Istituto dei Tumori e l’Istituto neurologico Besta. Qui si trovano il Politecnico e le facoltà scientifiche dell’Università degli Studi. È animato da tantissimi studenti (circa 20 mila), alcuni dei quali vanno e vengono, mentre altri si fermano durante la settimana e altri ancora sono qui stabilmente: con questi ultimi riusciamo a creare un rapporto. La cappellania del Politecnico fa riferimento alla chiesa di San Pio X. Proprio qui abbiamo deciso di mettere la nostra sede, che mi piace chiamare la “Casa del Decanato”, perché si trova in piazza Leonardo Da Vinci, in zona centrale rispetto ai tre Decanati originari».

Come vi siete preparati per la visita di monsignor Delpini?
Innanzitutto ci siamo ritrovati tra noi sacerdoti per decidere proposte e gli incontri. Oltre alle parrocchie, infatti, l’Arcivescovo visiterà alcune realtà come il San Raffaele (il 5 maggio ha già in programma una tappa all’Istituto dei Tumori), l’Associazione CasAmica, che ospita molte persone in cura negli ospedali milanesi, e la scuola professionale Piamarta, la residenza universitaria Torrescalla, l’aeronautica di Piazza Novelli… Ci sono stati poi momenti di riflessione nei Consigli pastorali e nel Gruppo Barnaba, che funzionano molto bene.

Don Gianluigi Panzeri
Don Gianluigi Panzeri

Quali i problemi del territorio?
La crisi economica ha colpito anche qui. Molti negozi hanno chiuso. La San Vincenzo e la Caritas sono state prese d’assalto, non soltanto dagli immigrati, ma anche da molti italiani. Prima la nostra parrocchia, per esempio, aiutava 80 famiglie, ora 150. A San Martino di Lambrate l’Emporio Caritas e anche i Centri d’ascolto hanno visto un incremento di utenza. Nel Decanato abbiamo la mensa dei poveri dei frati di Viale Piave e quella delle suore di Via Ponzio. Ci sono poi i problemi educativi legati alla pandemia. È difficile riunire i ragazzi. Stiamo facendo la catechesi online perché, a causa di contagi e quarantene, partecipavano in pochi: così possiamo raggiungere tutti. Qui si trovano alcuni oratori storici di Milano, come il San Carlo. Queste strutture non sono mai state chiuse, ma hanno avuto difficoltà per l’attuazione dei protocolli contro la pandemia. La partecipazione è molto vivace se c’è qualche attività particolare, un evento o l’oratorio estivo. Quella alle liturgie, la frequenza è calata di circa un terzo: molti preferiscono seguire le celebrazioni alla tv o online (le trasmettiamo anche noi). Ma questo toglie lo stimolo, si rimane solo spettatori. Negli ultimi tempi poi si vedono in giro meno immigrati. Fa parte del nostro Decanato una parte di Via Padova e una parte di via Corelli, con gravi problemi sociali; per venire incontro ai problemi dell’integrazione le nostre scuole di italiano, prima della pandemia, contavano anche 200 iscritti.

Quali le sfide per il futuro?
La prima è quella di creare il Decanato: riuscire ad amalgamare situazioni diverse, che comprendono il centro e la periferia, con caratteristiche e problematiche differenti. A questo scopo saranno molto utili i Gruppi Barnaba e l’Assemblea sinodale. Un’altra sfida è quella legata all’educazione dei ragazzi e al mondo giovanile. Se si perdono i giovani è difficile costruire una comunità, persone che si incontrano, si guardano negli occhi, si riconoscono e si sostengono a vicenda. La terza sfida è quella dell’integrazione: la Chiesa dalle genti deve farsi vicina a tutti, senza pregiudizi.