Paradossalmente, «per chi vuole impegnarsi nella comunità è più facile dire “do una mano a catechismo” piuttosto che pensare di partecipare al Consiglio pastorale». Don Bortolo Uberti, parroco a San Nicolao della Flue e a San Lorenzo in Monluè nella periferia est di Milano, proprio a fianco delle Case bianche visitate due anni fa da papa Francesco, non nasconde qualche fatica da superare per il rinnovo dei Consigli pastorali che avverrà dopo l’estate. Perché – questa forse l’obiezione più comune – la parrocchia ha già tante attività tra oratorio, catechesi, liturgia e, riconosce don Uberti, «a volte la sensazione dei consiglieri è di incidere poco sul vissuto di una comunità che tutto sommato va avanti coi suoi ritmi. Proprio per questo abbiamo fatto una verifica di questo triennio, chiedendoci come in questi anni il Consiglio pastorale ha fatto maturare un senso di responsabilità laicale e come ha aiutato a crescere la comunità». Perché, sottolinea il parroco di San Nicolao, «il compito del Consiglio pastorale è quello di riportare allo spirito evangelico» le tante attività della parrocchia, «riuscendo a dare il senso del cammino della comunità».
Poi ci sono le sfide che pongono la società e la zona in cui la comunità è inserita. «Cosa vuol dire nel nostro quartiere di periferia essere una Chiesa dalle genti?» – come ha indicato il Sinodo minore; oppure, «in che modo possiamo sviluppare una pastorale generativa, che non si limiti cioè a proseguire con le iniziative ormai collaudate, tradizionali, ma nella quale la Chiesa riesca a pensarsi dentro cambiamenti epocali e sociali profondissimi, nei quali costatiamo che, insieme ai quartieri, cambia anche il modo di vivere la fede? Il Consiglio pastorale è il luogo privilegiato per lasciarsi interpellare da queste domande». Quello di San Nicolao ha individuato tra le priorità da una parte il tema dell’accoglienza degli stranieri, dall’altra l’esigenza di rimotivare la vita cristiana adulta, accompagnando genitori e famiglie.