La visita pastorale
Il vescovo visita le Comunità pastorali, celebra nelle parrocchie, incontra i Consigli pastorali, saluta le persone e i gruppi che riesce a incontrare: è un modo con cui esprime quella sollecitudine per le comunità e le persone e per il loro cammino di fede. Quella sollecitudine che abitualmente è espressa da coloro che il vescovo invita: preti, diaconi, ausiliarie, operatori pastorali.
Il vescovo visita le singole comunità per dire che non esistono solo le singole comunità: tutte le comunità fanno parte della Chiesa, sono chiamate a sentirsi in comunione entro le parrocchie, nella Comunità pastorale, nel decanato nella Diocesi. Nessuna comunità è autosufficiente, nessuna comunità trae vantaggio dal chiudersi in sé, dal porsi come un soggetto che pretende di essere servita. Ogni comunità vive di uno scambio di doni e la Chiesa è un popolo che cammina insieme verso la terra promessa. Il vescovo viene a dire a ogni comunità l’appartenenza alla grande Chiesa di Dio.
Il vescovo visita le comunità per vivere la sua missione, per dire una parola che vorrebbe essere eco di Vangelo.
Quale parola abbiamo da dire oggi a questa comunità, a questa terra?
La missione della Chiesa: la missione di Gesù.
La parola che la comunità cristiana deve dire oggi, come ieri e come domani, è la parola di Gesù. Gesù non ha solo detto parole. È la Parola di Dio. È stato mandato per dire la verità di Dio, per sconfiggere ogni pregiudizio su Dio, per contestare ogni immagine di un dio lontano, di un dio geloso, di un dio ambiguo, di un dio ingiusto e imprevedibile. Gesù ha rivelato che Dio è il Padre amorevole e misericordioso: la sua volontà è che i suoi figli siano felici vivendo in comunione con Lui. Gesù non ha detto solo parole, ha compiuto la volontà del Padre: si è curato della gioia dei figli di Dio: i ciechi riacquistano la vita, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo (Mt 11,5).
La Chiesa è costituita perché la missione di Gesù si compia in ogni tempo e in ogni luogo.
Perciò il Signore chiede a questa comunità e a tutte le forme con cui la Chiesa è presente nel territorio: curatevi, per favore, della gioia del mondo!
Uscire dalla meschinità e dall’amarezza
Talora il cammino della Chiesa è come bloccato, trattenuto; talora i cristiani sono imprigionati tra mura che impediscono di guardare oltre e di lasciarsi condurre dal vento dello Spirito.
Il muro può essere il malcontento. Come potranno curarsi della gioia del mondo i discepoli scontenti? Come potranno portare l’annuncio della gioia coloro che sono intenti a lamentarsi gli uni degli altri? La parola di Giacomo è severa: non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non esser giudicati; ecco, il giudice è alle porte (Gc 5,9). Talora la storia di una comunità, le scelte compiute, le reazioni emotive, le spigolosità dei caratteri segnano in modo sproporzionato la vita di una comunità: i discepoli del Signore si ripiegano sulle loro ferite, restano frustrati nelle mortificazioni ricevute, si incontrano per alimentare il malcontento: sorge un muro che li rinchiude e non possono più uscire verso i poveri che attendono una parola di Vangelo.
I segni del Regno
È tempo di abbattere le mura del malcontento, della paura, della timidezza e della viltà. I discepoli continuano la missione di Gesù quando irradiano la gioia. Le forme dell’aiuto al cieco, allo zoppo, al lebbroso non sono solo la prestazione di un servizio: diventano segni del regno quando regalano, insieme con il soccorso, la prossimità, l’aiuto, la gioia, secondo l’insistenza di Isaia. Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa… canti con gioia e con giubilo… griderà di gioia la lingua del muto… verranno in Sion con giubilo, felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto (cfr. Is 35,1ss).
La presenza di Gesù nella tribolata vicenda umana è un vangelo, non solo un elemosina o una patetica consolazione.
I discepoli di Gesù continuano la missione di Gesù offrendo ai fratelli e alle sorelle l’aiuto e insieme la gioia, la prossimità e insieme la gioia, la cura amorevole e insieme la gioia, il servizio generoso e insieme la gioia.
Non accontentatevi di gioie precarie!
Il Regno di Dio non è un regno provvisorio; la gioia di Dio non è un rimedio temporaneo alla tristezza del mondo. I segni compiuti da Gesù sono solo “segni”: indicano dove abita la gioia che dura per sempre, la felicità senza fine, la pienezza della vita.
La gioia che la Comunità pastorale offre in questo tempo e in questo luogo è l’annuncio del Regno che viene, è la seminagione della speranza. Perciò la Comunità è come la sentinella: vive come una vigilia. Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. … perché la venuta del Signore è vicina (Gc 5,7.8).
La prossima celebrazione del Natale non è quindi una rievocazione sentimentale e un po’ infantile di un evento passato, ma è l’incoraggiamento a guardare avanti, a sperare il compimento, a pregare ogni giorno venga il tuo Regno! … vieni, Signore Gesù!